
Altro che taglio delle accise: il governo si sta finanziando la manovra con la benzina
a cura di Ninni Raimondi
Altro che taglio delle accise: il governo si sta finanziando la manovra con la benzina
Gli alti prezzi dei carburanti portano nuove preziose entrate nelle casse dello Stato in vista della legge di bilancio, anche per merito di una "doppia tassa": ecco perché non si può avverare la promessa del taglio sulle accise. E che fine ha fatto l'accisa mobile e perché non è scattata per ridurre i costi agli automobilisti?
I fondi a disposizione del governo Meloni per la manovra 2024 non abbondano, ma una mano potrebbe arrivare dai carburanti. Il prezzo di benzina e diesel continua infatti ad aumentare, così come le entrate per le casse statali da Iva e accise. Queste risorse saranno fondamentali in vista della legge di bilancio, su cui la stessa presidente del Consiglio ha già messo le mani avanti invitando a usarle con la "massima attenzione".
Le priorità sono fissate: aumentare stipendi con la conferma del taglio al cuneo fiscale, oltre a "supportare la crescita, aiutare le fasce più deboli e dare slancio a chi produce", nelle parole di Giorgia Meloni. La "doppia tassa" attiva sui carburanti in Italia darà una mano a mettere in piedi la manovra finanziaria e spiega perché è difficile, se non impossibile, realizzare la promessa elettorale del taglio sulle accise dei carburanti. I prezzi potevano essere raffreddati dalla "accisa mobile", che però non è scattata: vediamo di capire tutti i perché della vicenda.
I conti (difficili) verso la manovra per il 2024
Il governo Meloni è alle prese con la sua seconda legge di bilancio. Dopo quella approvata a dicembre 2022 zavorrata dal costo dei sostegni per imprese e cittadini a causa dei rincari energetici, si diceva che la manovra finanziaria per il 2024 sarebbe stata più "identitaria", con riforme e misure economiche proprie del centrodestra su cui era stata costruita la campagna elettorale: flat tax, pensioni, Ponte sullo stretto, riforma del fisco e aumento degli stipendi, su tutti.
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In realtà non sarà possibile avverare le promesse elettorali e ci si dovrà concentrare sulla conferma dell'impianto già in vigore. La lista è lunga e costosa: conferma di Quota 103, assegno unico, taglio del cuneo fiscale e detassazione dei premi di produttività per i dipendenti, oltre a bonus natalità e rinnovi dei contratti per i dipendenti statali.
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In sintesi, la prossima legge di bilancio sarà una replica della precedente, i fondi a disposizione non permettono di fare altro. Lo stesso Giancarlo Giorgetti (Lega), ministro dell'Economia e delle Finanze, ospite al Meeting di Rimini, ha evidenziato alcune difficoltà nel reperimento delle risorse, affermando che la legge di Bilancio per il 2024 sarà "una manovra complicata", in cui "non si potrà fare tutto".
Tutto sarà più chiaro nella Nadef, la Nota di aggiornamento al Def - il Documento di economia e finanza pubblicato lo scorso aprile -, che stabilirà le basi economiche su cui verrà impostata la manovra finanziaria per il 2024. Al momento, per la prossima legge di bilancio il governo dovrebbe reperire tra i 25 e i 30 miliardi di euro, tenendo conto degli obiettivi sul deficit e delle entrate disponibili.
Il "tesoro" delle accise: ecco perché non si tagliano
E a proposito di entrate, le accise sui carburanti sono una voce importante per il bilancio dello Stato. Nel 2022 il governo Draghi le aveva tagliate su benzina e diesel di oltre il 34 per cento - circa 25 centesimi al litro -, per far fronte agli aumenti dei prezzi causati dalla guerra in Ucraina. Costo: circa 7 miliardi di euro. Il governo Meloni ha prima ridotto e poi eliminato il taglio, ripristinando le "vecchie" tasse sui carburanti.
Dopo una discesa rispetto ai picchi del 2022, a metà 2023 i prezzi sono tornati a salire e il governo si è concentrato su presunte "speculazioni" di mercati e benzinai, intervenendo con un decreto che obbliga le stazioni di servizio a esporre il prezzo medio della regione di appartenenza. La misura non ha però impedito ai prezzi di aumentare e per questo si torna a parlare con insistenza di un nuovo taglio delle accise, una delle promesse elettorali più pubblicizzate del centrodestra.
In passato la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva attaccato i governi per le tasse sui carburanti, mentre il suo alleato di governo, Matteo Salvini, nel 2018 annunciava in video il taglio di "sette accise", che non si è mai verificato anche perché l'impostazione mostrata dal leader della Lega non esiste più da decenni.
Riproporre adesso il taglio delle accise costerebbe circa 12 miliardi l'anno, secondo le parole di Adolfo Urso, ministro per le Imprese e il made in Italy, che corrispondono a una buona parte dei fondi per la prossima legge di bilancio. In generale, le accise sono una fonte di ricavo consistente per le casse statali e garantiscono tra i 20 e i 26 miliardi l'anno. Tagliarle non è semplice, figuriamoci eliminarle.
Ne consegue che l'aumento dei prezzi dei carburanti ha permesso allo Stato di aumentare le entrate: secondo i dati del Ministero dell'Economia e delle finanze elaborati da Today.it, le accise sui prodotti energetici nei primi sei mesi del 2023 hanno fruttato all'erario poco meno di 11 miliardi di euro, rispetto ai 9,6 del 2021, anno con cui è possibile fare un paragone visti gli sconti del 2022 del governo Draghi. E da qui a fine anno, i prezzi porteranno un extra gettito nelle casse dello Stato e non solo grazie alle accise.
La doppia tassa sui carburanti: che fine ha fatto l'accisa mobile?
La tassa sui carburanti si può considerare come "doppia" visto che il prezzo finale pagato alla pompa di benzina non è formato solo dalle accise: bisogna infatti tenere conto anche dell'Iva, al 22 per cento, che si paga sul prezzo industriale ma anche sulle accise. Due volte per l'appunto. E le due componenti pesano: secondo le ultime rilevazioni del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, come si vede dal grafico sottostante, l'Iva e le accise pesano più del 55 per cento sul prezzo della benzina e del 51 per cento su quello del diesel.
In generale, le tasse sui carburanti rendono l'Italia uno dei Paesi in cui costa di più fare rifornimento con benzina e diesel: come si vede dal grafico elaborato da Today.it, peggio fanno soltanto Finlandia, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi.
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Per far fronte a nuovi aumenti dei prezzi, con il decreto legge "Trasparenza" approvato a gennaio 2023 il governo Meloni aveva riformato una norma introdotta con la legge finanziaria del 2008 chiamata "Accisa mobile".
Il meccanismo prevede la possibilità per lo Stato di rinunciare alla "doppia tassa" sui carburanti e non incassare l'Iva sulla parte di accise, ma solo se la media dei prezzi dell'indice Brent dei due mesi precedenti risulta superiore al prezzo di riferimento fissato nel Def di 82,3 dollari al barile. Secondo le elaborazioni di Today.it, la media del prezzo del Brent nei due mesi precedenti è stata di 77,4 dollari al barile, di poco superiore alla soglia indicata nel Def.
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Il decreto del governo aggiunge un'altra postilla e tiene conto "dell'eventuale diminuzione, nella media del quadrimestre precedente all'adozione del medesimo decreto, del prezzo [...] rispetto a quello indicato nell'ultimo Documento di programmazione economico-finanziaria presentato", si legge nel testo in Gazzetta ufficiale. Ma il meccanismo è appunto una possibilità, non un automatismo e dipende dalle scelte del governo.
Il prezzo del Brent nel quadrimestre è stato anche superiore a quello previsto per il 2023 nel Def ma l'accisa mobile non è stata adottata e a fine anno il governo potrebbe ritrovarsi con qualche gradito miliardo di euro in più rispetto al previsto, non solo grazie alle accise ma anche all'Iva. Dunque, tagliare le tasse sui carburanti non è per niente semplice, ed è per questi motivi che i prezzi di benzina e diesel potrebbero rendere meno complicata la prossima legge di bilancio del governo Meloni.

