1917, "l’An de la Fam", l'Anno della Fame
a cura di Ninni Raimondi
Prima Guerra Mondiale
1917, "l’An de la Fam", l'Anno della Fame.
Il 1917 lo chiamarono "l'anno della Fame"
A Belluno perfino i topi diventavano un alimento per provare a sopravvivere. Lo testimoniano diverse foto dell’epoca. Foto di guerra e di dominazione straniera. C’erano i “striaci”, gli occupanti Austroungarici che in realtà erano soprattutto Sloveni, Bosniaci, Ungheresi, Tedeschi… Arrivati in provincia di Belluno con una rincorsa poderosa. A guardarla dall’altro lato, però, fu una fuga precipitosa: la disfatta di Caporetto.
Tutto comincia sul fronte dell’Isonzo, oltre 150 chilometri a est di Belluno.
Trincee e linee di confine che si spostano di pochi metri, qualche centinaio al massimo.
L’Impero Austroungarico è in crisi e chiede aiuto al “fratello” forte, il Kaiser Guglielmo. La Germania invia truppe fresche e lo scenario di guerra cambia. A tal punto che la dodicesima battaglia dell’Isonzo passerà agli annali come la sconfitta più atroce della storia bellica Italiana.
È la notte del 24 ottobre 1917 quando Tedeschi e Austriaci sferrano l’attacco, preceduto da qualche ora di fuoco d’artiglieria. Le truppe di Cadorna non reggono l’assalto e comincia una fuga disperata. Molti si strappano di dosso la divisa e corrono per chilometri, su terreni accidentati.
Dopo mesi di trincea e viveri ridotti, non manca chi si dà alle razzie.
Nel frattempo gli Austriaci avanzano, anche grazie alla brillantezza di un giovane Erwin Rommel, la futura “volpe del deserto”.
La linea di confine si sposta nel giro di pochi giorni di quasi 150 chilometri per assestarsi tra Piave e Monte Grappa. E il Bellunese viene occupato. Chi può scappa: secondo le stime degli storici, sono oltre 30mila i Bellunesi che fuggono, verso la Lombardia, la Toscana, l’Emilia… Nobili e ricchi non vogliono restare ed essere sottomessi.
È il 10 novembre quando a Belluno fanno il loro ingresso le truppe Austroungariche e Tedesche. Spoliazioni e angherie, saccheggi e violenze: comincia l’anno della fame, fino alla fine della guerra. I documenti dell’epoca parlano di razionamenti sistematici dei generi alimentari. E una comunicazione del sindaco dell’epoca Pietro Mandruzzato riferisce che al 18 maggio 1918 in città erano completamente esauriti frumento, fagioli, farina gialla e formaggio. Rimanevano solo 20 chili di farina (in tutto il Comune di Belluno), 10 di riso e 90 di conserva. Ecco perché tornavano buoni anche i topi…
In Veneto, sconvolto dalla fine del dominio austriaco, la gente moriva letteralmente di fame. Si calcola che oltre 600 mila persone morirono di stenti tra il 1917 ed il 1918.
Tutti cercavano cibo per sopravvivere. Belluno si distinse per la sua cucina a base di topo. Venivano catturati, uccisi, essiccati al sole. Poi si preparava una “marinata” per togliere l’odore un po’ greve che emanava la carne.
Quindi si friggevano in padella e venivano serviti belli croccanti.
Una leccornia.
Ma a quei tempi ed in mancanza d’altro si mangiava ogni cosa.
Scomparvero dalle strade non solo i topi, ma prima di loro cani e gatti.
Non si vedevano più le gru nelle paludi, né serpenti nei fossi.
Foto dalla Biblioteca civica di Belluno: Topi messi ad essiccare durante la Grande Guerra durante "l'An della Fam", 1917, per poi essere mangiati dalla popolazione affamata