Cosa ci faceva Draghi con il Ceo mondiale di Uber?
a cura di Ninni Raimondi
Cosa ci faceva Draghi con il Ceo mondiale di Uber? L’indiscrezione che fa infuriare i tassisti
Mario Draghi ha incontrato il Ceo mondiale di Uber? Le voci corrono e si rincorrono, nei corridoi dei palazzi istituzionali come nelle arterie della Capitale, là dove i tassisti temono di essere messi all’angolo dalle multinazionali senza frontiere. Proprio nel cuore rovente d’Italia, dove ogni giorno assistiamo a vendite e svendite di eccellenze tricolori, cappio mortale che si lega a un lungo filo rosso inaugurato sul panfilo Britannia nel 1992, quando il gotha della finanza venne invitato a fare il punto sulle privatizzazioni, inaugurando così la dismissione di asset strategici e patrimonio pubblico italiano. Una storia dal retrogusto orrorifico, a cui dedichiamo uno speciale nel prossimo numero mensile del Primato Nazionale, in uscita il 10 giugno.
Non serve, ma è pur sempre evocativo, ricordare che un ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, per quel famigerato incontro sul Britannia arrivò a definire Draghi “liquidatore” e “vile affarista”. Acqua passata, si dirà. Eppure, se davvero l’ex banchiere e attuale premier italiano, ha incontrato in gran segreto Dara Khosrowshahi, Ceo di Uber giunto a Roma dalla lontana California, qualche brivido lungo la schiena tornerebbe a farsi sentire. Prova ne sia quanto denunciato dalle sigle sindacali del comparto taxi.
Draghi ha incontrato il Ceo di Uber? I sindacati dei tassisti: “Sarebbe gravissimo, ecco perché”
“Riteniamo gravissima, se confermata, l’indiscrezione relativa ad un possibile incontro tra l’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Ceo Mondiale di Uber ed il suo staff, avvenuto poche ore prima della presentazione alla stampa dell’accordo tra ItTaxi e la nota multinazionale californiana”. È quanto si legge nella nota firmata da Ugl-taxi, Federtaxi-Cisal, Usb-taxi, Uritaxi, Ati-taxi, Unimpresa, Fast Confsal-taxi, Tam, Claai, Satam, Or.s.a.-taxi, Uti e Atlt. “Ad oggi, a sedici mesi dall’insediamento del Governo Draghi – prosegue la nota – nessuno a livello istituzionale ha incontrato i rappresentanti dei lavoratori del mondo taxi, nonostante numerose e reiterate richieste di confronto e due inevitabili fermi nazionali di categoria, per chiedere la conclusione dell’iter normativo di riforma del comparto già avviato nel 2019, ed in particolare la regolamentazione dell’attività delle piattaforme di intermediazione digitale. Nella Costituzione repubblicana troviamo i sindacati ma non le multinazionali straniere: che il rappresentante di una di esse – tuonano i tassisti – che non paga un centesimo di tasse in Italia e spesso ha violato le norme dei Paesi in cui agisce, riportando anche numerose condanne, possa essere ricevuto presso la Presidenza del Consiglio, tra l’altro nel pieno di una pretesa quanto ingiustificata riforma del settore, mentre i rappresentanti dei lavoratori sono snobbati, se confermato, sarebbe gravissimo”.
Gravissimo e pure un tantino inquietante, aggiungiamo noi. Perché significherebbe che il lupo perde il pelo ma non il vizio, e lo affermiamo senza alcun timore di cadere nel più trito degli stereotipi. D’altronde, quanto sia pericoloso l’avvento dell’ennesima multinazionale in Italia, lo abbiamo già spiegato più volte su queste pagine. Ma è sempre bene ribadirlo.
La concorrenza sleale di un colosso americano
Uber è un’applicazione mobile (un programma per smartphone) nata nel 2009 per “collegare” gli utenti con gli “autisti pagati a cottimo come i rider”. Per i californiani è stato un gioco da ragazzi abbattere i prezzi. È bastato assoldare (ma non assumere) gli autisti che potevano abbassare le tariffe non dovendo pagare la costosa licenza data dal Comune. Un tassista per lavorare in una città come Roma sottostare a regole precise che gli impediscono di massimizzare i profitti come potrebbe fare un qualsiasi commerciante. Ecco perché contro Uber i tassisti fanno le barricate.
Come precisato dall’economista Salvatore Recupero, chi vuole liberalizzare il servizio dovrebbe rimborsare chi ha già pagato o sta ancora pagando il costo della licenza. A quel punto a parità di condizioni potremmo vedere come funziona il libero mercato ai tempi della sharing economy. Non è difficile immaginarlo.
I costi con Uber che (finora sono bassi per i motivi appena descritti) comincerebbero a salire. Gli utenti avrebbero a disposizione tanti autisti che invece di farsi la guerra tra di loro potrebbero fare cartello e stabilire delle tariffe per massimizzare gli introiti. Inoltre, i Comuni (sempre assetati di soldi) aumenterebbero le tasse sul trasporto pubblico e giustamente (nell’ottica del libero mercato) gli autisti scaricherebbero i maggiori costi sull’utente. Siamo ancora sicuri che Uberi, alias il taxi 2.0 propagandato dagli americani, sia sul serio conveniente?