
I quattro pilastri della rabbia 9
I quattro pilastri della rabbia 9
a cura di Ninni Raimondi________________________________________________________________________________________
Un viaggio tra le miserie dell'Uomo e i motivi che lo hanno portato a vivere, costantemente, il proprio inferno.


Il generale
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Dice Muhammad Khavari (nella foto), capo di stato maggiore del 207°, uno dei cinque corpi di armata del paese: "Stiamo assorbendo l’esperienza degli italiani, sono persone in gamba, anche se è inevitabile che ci sia una forte diversità culturale, ma loro al contrario degli americani ci rispettano".
Khavari ha dovuto imparare a fare il generale secondo i nostri standard.
È un veterano della guerra, ha comandato un’unità che preparava la guerra santa in Pakistan contro i russi, poi è fuggito con l’arrivo dei talebani, è tornato con la caduta del regime degli studenti coranici e si è arruolato nel nuovo esercito.
"In Afghanistan i problemi non si risolvono con la guerra ai talebani, la soluzione è negoziare. I nostri nemici poi non sono solo loro, ma anche il Pakistan e l’Iran. È certamente ancora presto", confida, "perché gli stranieri se ne vadano.
Finiremmo per riprendere a combatterci tra di noi". Il pericolo è sempre presente.



Il Signore della Guerra
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L’Hindu Kush è un piccolo mondo.
Governatore a parte, sono due le persone che comandano, dividendosi la zona come nella migliore letteratura mafiosa.
È Ismael Khan (nella foto), anziano e potente signore della guerra, cui la gente bacia la mano con riverenza e che controlla le montagne di Radaidad.
Un altro capo pashtun e YaYa Khan, un signorotto che domina il distretto di Ghuzara, dove passa la strada dall’aeroporto: nella sua area non c’è ordigno che possa essere piazzato senza il suo permesso.
Dai villaggi sulle montagne arrivano voci di rinnovamento. Il neo ministro degli Interni ha promesso di intervenire con decisione per combattere la violenza, dove rapimenti e razzie sconvolgono la normale vita quotidiana.
Il ministro potrebbe cambiare tutti i vertici della sicurezza corrotti.
Intanto gli italiani vanno avanti. Sanno di essere pochi e sanno di essere ogni giorno sempre più in pericolo. Sanno, anche, che non possono mollare proprio adesso.
E quando gli allarmi bomba aumentano, quando lo scoramento rischia di prendere il sopravvento, si consolano guardando la gente che passa.
La gente normale, quella che non è coinvolta nei traffici, che non vive di guerra, ma sorride.
E li saluta come fossero gli ultimi istanti della loro vita.

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