
Cogne: la realtà di un
incubo
Quando il sangue piange silenziosamente.

Gli avvenimenti. Viaggio fra la conoscenza e l'oblìo! a cura di Ninni Raimondi _____________________________________________________________________________________________________

COGNE: I sei anni di una tragedia mediatica
La "tragedia mediatica" di Cogne inizia il 30 gennaio 2002 quando Samuele Lorenzi, di soli tre anni, viene trovato morto nel lettone della camera da letto dei genitori nella villetta di Montroz, a Cogne (Aosta). L'autopsia accertera' che il bambino e' stato ucciso con una serie di colpi violenti alla testa. Il 14 marzo 2002, la madre del bimbo Annamaria Franzoni, che si e' sempre professata innocente, viene arrestata dai carabinieri. L'accusa, nell'ordinanza firmata dal Gip di Aosta Fabrizio Gandini, e' di omicidio volontario. La donna viene reclusa nel carcere torinese delle Vallette. Il 30 marzo 2002 Annamaria Franzoni viene scarcerata su decisione del tribunale del riesame di Torino, che accoglie il ricorso dell'avvocato difensore Carlo Federico Grosso. Per il tribunale della liberta' gli indizi non sono sufficienti.
L'8 aprile la mamma di Samuele incontra a Novara i periti incaricati di accertare se la donna, al momento dell'omicidio, fosse capace di intendere e di volere. La perizia stabilira' che Annamaria e' sana di mente e lo era anche al momento dell'omicidio. Il 10 giugno 2002 la Corte di Cassazione annulla l'ordinanza del tribunale del riesame, che aveva scarcerato la Franzoni. Il 25 giugno Carlo Taormina subentra all'avvocato Grosso nella difesa della donna. Il 4 ottobre il tribunale del riesame dichiara valida l'ordinanza di custodia cautelare; Annamaria, però, non torna in carcere; il Gip Gandini dichiara, infatti, cessate le esigenze cautelari. La condanna in primo grado arriva il 20 luglio 2004, quando il Gup di Aosta Eugenio Gramola condanna Annamaria Franzoni a trenta anni di carcere, il massimo della pena previsto con il rito abbreviato chiesto dalla difesa. Dieci giorni dopo, l'avvocato Taormina presenta un esposto che contiene una soluzione alternativa al delitto, dopo una serie di indagini difensive.
Il 1 novembre 2004 si apprende che l'avvocato Taormina, Annamaria Franzoni ed altri consulenti della difesa sono indagati per calunnia e frode processuale: avrebbero alterato la scena del delitto. Nasce così l'inchiesta "Cogne-bis". Il 16 novembre 2005 si apre a Torino il processo di appello, presidente della Corte il giudice Romano Pettenati: le udienze sono aperte al pubblico, sempre numeroso fino al giorno della sentenza, ma viene vietata la ripresa video all'interno dell'aula. Il 19 dicembre 2005 Annamaria Franzoni chiede di essere ascoltata e, fra le lacrime, ribadisce, ancora una volta, la sua innocenza. Una nuova perizia psichiatrica viene disposta dalla Corte d'Appello, ma la Franzoni, rifiuta di sottoporsi a un nuovo esame dei periti. Il 20 novembre 2006 l'avvocato Taormina abbandona l'aula, togliendosi la toga, in polemica con la Corte. Viene nominato il legale d'ufficio, l'avvocato torinese Paola Savio.
Il 13 dicembre 2006 l'avvocato Taormina chiede alla Cassazione di trasferire il processo da Torino a Milano perché nel capoluogo piemontese non ci sarebbe "un clima sereno" nei confronti dell'imputata, ma il 20 febbraio 2007 la Cassazione rigetta la richiesta ed il processo resta nel capoluogo piemontese. Il 4 marzo 2007 Annamaria Franzoni nomina Paola Savio suo legale. Il 27 marzo il PG Vittorio Corsi chiede di confermare la condanna di primo grado. Il 27 aprile la mamma di Samuele viene condannata a sedici anni con le attenuanti generiche. L'11 dicembre 2007 i legali della Franzoni annunciano il ricorso in Cassazione. Nell'aprile di quest'anno, per l'ultima fase del procedimento giudiziario, Carlo Federico Grosso torna a difendere Annamaria Franzoni, affiancando i colleghi Paolo Chicco e Paola Savio.
Adesso la condanna a sedici anni di reclusione!


La storia e le vicende _____________________________________________________________________________________________________
COGNE
"Non è vero, non sono stata io". E' indagata per omicidio volontario aggravato dalla parentela, un reato per il quale rischia l'ergastolo, eppure quando glielo hanno detto si è mostrata abbastanza tranquilla. Però decisa: sarebbero state queste, "non sono stata io", le prime parole di Anna Maria Franzoni ai carabinieri di Aosta nella caserma di Vergato, sull'Appennino bolognese, mentre i militari le notificavano l'ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di avere ucciso il figlio Samuele. La svolta è arrivata dunque nella notte, dopo un mese e mezzo di indagini, rilievi, perizie, interrogatori, chiacchiere da bar, assedi di tv e giornalisti e soprattutto tanto sgomento per la gente di Cogne e un infinito dolore per chi voleva bene al piccolo Samuele.
I carabinieri di Aosta erano arrivati a tarda sera al comando di compagnia dell'Arma a Vergato, poco distante da Monteacuto Vallese, dove abita la famiglia di Anna Maria Franzoni e dove la donna, il marito Stefano Lorenzi e l'altro figlio Davide si erano rifugiati nelle ultime settimane. Intorno a mezzanotte i carabinieri hanno telefonato a casa Franzoni, per convocare Anna Maria per una "notifica importante". Insieme al padre e al marito, la donna ha raggiunto la caserma: dove, appunto, le è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare. Nella prima pagina del provvedimento le si contesta "il delitto previsto e punito dagli articoli 575 e 577 comma 1, numero 1, del codice penale, perché colpendo alla testa il proprio figlio Samuele Lorenzi, di anni tre, con numerosi e ripetuti colpi, ne cagionava la morte. Con l'aggravante di aver commesso il fatto in danno del figlio di anni tre". Dopo le usuali procedure, come le foto segnaletiche, sarebbe partita per il carcere delle Vallette, a Torino tra le 4.30 e le 5.. Ora Anna Maria, alle Vallette, è in cella da sola. Il gip Gandini ha chiesto che venga piantonata e controllata a vista perché, ha spiegato, "non possa commettere anche su se stessa fatti gravi". La signora sarà ascoltata dal magistrato questa mattina o al più tardi domani. Aveva chiesto di essere accompagnata dal marito nel viaggio verso Torino. Impossibile, le è stato risposto. Il provvedimento del gip, mandandola in carcere, non lo consentiva.
Samuele, tre anni, era stato trovato morto la mattina del 30 gennaio scorso nel letto matrimoniale della villetta di Montroz dove viveva la famiglia Lorenzi. A scoprire il cadavere era stata la mamma. Uscita di casa alle 8.16 per accompagnare il figlio più grande, Davide, di sei anni, alla fermata dello scuolabus a poche decine di metri dalla casa, la giovane donna ha sempre sostenuto che, al suo rientro, alle 8.24, era entrata nella camera da letto ed aveva trovato il piccolo in un lago di sangue, sotto le coperte del letto. Da quel momento e fino a questa notte è stato tutto un rincorrersi di ipotesi, illazioni e sospetti sulle cause della morte del piccolo Samuele, in bilico fra le indagini nell'ambito familiare e l'ipotesi di un mostro, sostenuta con forza da Anna Maria Franzoni in una recente, drammatica intervista. Ascoltata più volte dai carabinieri e dai magistrati, il procuratore Maria Del Savio Bonaudo e il sostituto Stefania Cugge, Anna Maria Franzoni ha sempre proclamato la sua innocenza. Insieme al marito, Stefano Lorenzi, 35 anni, elettricista, con il quale è sposata dal '93, la donna si era trasferita da alcune settimane nel suo paese natale, Monteacuto Vallese, per sfuggire alla pressione dei media. E lì sono andati a prenderla i carabinieri.
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)

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Il marito di Anna Maria difende la moglie. Le zie portano il piccolo Davide a fare un picnic"
Stefano non si arrende "Pronto a battermi per lei" _____________________________________________________________________________________________________
BOLOGNA
"Babbo, hanno arrestato Anna Maria. Lo sai, sono convinto della sua innocenza e mi batterò per dimostrarlo". E' l'una e quaranta quando Stefano Lorenzi telefona al padre Mario per comunicare la notizia. Una comunicazione secca, dai carabinieri di Vergato, la voce preoccupata, poca voglia di parlare. Il giorno dopo Stefano infatti non parlerà più con nessuno, neanche con i familiari. Una corsa in auto a Torino, in una giornata grigia di pioggia, con il padre della moglie Giorgio, e Leonardo, uno dei dieci fratelli. Lì incontra un amico fidato: sarà lui a portare in carcere il cambio dei vestiti ad Anna Maria, tenuta in isolamento con l'accusa più infamante, quella di omicidio volontario del piccolo Samuele. Tutto il pomeriggio lo passerà invece con l'avvocato Carlo Federico Grosso, lontano dal carcere e dai giornalisti, a cercare di capire il contenuto del provvedimento che ha portato all'arresto: fino a poche ore prima che ciò accadesse, nessuno voleva ancora credere all’evidenza.
In casa di uno dei dieci fratelli di Anna Maria, Stefano e Giorgio Franzoni ribadivano la sua innocenza e ripercorrevano tutti i dubbi sull'inchiesta, tutti riuniti in una carpetta gialla che rappresenta il dossier di famiglia di questa tragedia, da consegnare ai periti e all'avvocato.
L'arresto, in casa Franzoni, era temuto, ma si sperava ancora di evitarlo. E' arrivato con un certo rispetto, a notte fonda. I cronisti ancora sotto la porta di casa, che avevano notato movimenti sospetti dei carabinieri, in borghese e non, vicino all'abitazione della famiglia a Monteacuto Vallese, diventata una sorta di bunker contro l'assalto della stampa.
Scatta così l'ennesima staffetta per proteggere Anna Maria. Un altro depistaggio per i cronisti. Nessuno si accorge di nulla: due sorelle e un fratello escono dall'ingresso principale e vanno via in auto. I cronisti li seguono, Anna Maria esce invece da dietro con il marito Stefano e il padre Giorgio, direzione Vergato. I carabinieri hanno usato delicatezza, dicendole che c'era qualcosa da firmare, ma il messaggio è stato subito chiaro a tutti. Il distacco è doloroso. Prima di uscire, Anna Maria è scossa, il padre cerca di farle coraggio. Saluta con una carezza una delle sorelle più piccole, Ilaria, che in famiglia chiamano Chela: "Pensate a Davide", dice. E il dramma dell'intera famiglia è tutto in queste parole. Di prima mattina in casa del fratello Didino, vicino all'agriturismo di famiglia, la notizia dell'arresto arriva solo con i telegiornali.
Nessuno della famiglia lo aveva avvisato. Rosa, che vive con lui, ha gli occhi pieni di lacrime: "Sembra una cosa incredibile - dice - povera Annamaria". E proprio nei boschi vicino all'agriturismo le sorelle di Annamaria, cercando di far finta che tutto è come prima, hanno portato Davide a fare un pic nic: una giornata diversa per un bambino di sette anni che ha perso il fratellino e che ora non ha più nemmeno la mamma accanto. Davide, come tutti i giorni, ha fatto i compiti, per quanto possibile sereno.
"Spesso è lui a consolare la mamma che piange", diceva qualche giorno fa il fratello Leonardo. Resterà qui, nella casa dei nonni, una casa sempre piena di bambini con i quali giocare: nipotini, figli di amici, bambini piccoli che ricordano tanto Samuele che qui nelle vacanze di Natale giocava con loro. Sembra ancora di vederlo sbucare dalla porta della cucina: era un bambino allegro Samuele, un bambino speciale, e qui ci stava così bene che non voleva più tornare a Cogne. Ricordi dolorosi, ma anche ricordi felici.
"Ci sembra di tornare al giorno in cui è morto Samuele - ha detto la sorella Chela - Conosco mia sorella, conosco Stefano, non cambio idea su quello che è successo". Le confidenze arrivano quasi come un sussurro: mamma ci dice di stare calmi, ma è difficile, papà è distrutto. Giorgio Franzoni, dallo scorso 30 gennaio, è diventato l'ancora della famiglia, lo stratega della difesa di Annamaria, la Bimba, chiamata così perché la prima femmina tra cinque maschi.
Poco prima, attorno a mezzanotte e mezzo, il papà Giorgio, raggiunto al cellulare, aveva la voce diversa da solito. "La Bimba è qui con me", aveva detto, ma era quasi una bugia.
(Questo avveniva il 15 marzo 2002)

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COGNE
Tanti indizi e una prova mancante _____________________________________________________________________________________________________
"Ci siamo arrivati per esclusione", ha affermato uno degli inquirenti che indagano sul delitto di Cogne per giustificare l"arresto della madre della vittima. Lo faceva anche Sherlock Holmes: "Quando tutte le soluzioni logiche sono escluse, quella che resta, per quanto illogica, è quella giusta". In questo caso è accaduto il contrario: si sono escluse tutte le soluzioni illogiche (il serial killer, l"estraneo, l"intruso che agisce in otto minuti indossando un pigiama non suo) per considerare giusta quella che è la più illogica di tutte per il cuore, ma l"unica ad apparire logica alla ragione, per come ci sono stati ricostruiti gli eventi. Eppure, poiché il cuore si arrende per ultimo, resta il dubbio.
E restano, perfino, ombre per la ragione. Cerchiamo di affrontarle, senza prevenzioni né presunzioni. I dubbi del cuore. Sono quelli che portano a dire: può una madre uccidere il proprio figlio? Sì. È accaduto, ovunque nel mondo, Paesi civili e no, accade tra gli animali, in natura. Fatti di cronaca del genere sono frequenti, ma destano meno sensazione perché arrivano alla pubblica attenzione senza l"alone del mistero. Il genitore è colto sul fatto, o confessa: è un grosso titolo quel giorno, niente l"indomani. Come accadrebbe anche al delitto di Cogne se ci fossero gli elementi che il pubblico ministero ricorda necessari per un processo non indiziario: testimonianze comprovate o confessione attendibile del colpevole.
Invece: abbiamo avuto e abbiamo un giallo, con tutti gli elementi narrativi da manuale: la casa isolata tra i boschi, la stanza chiusa, la cerchia ristretta di personaggi, il sospettato che si erge a seconda vittima (e forse lo è comunque), l"assenza dell"arma del delitto e quella del movente, in grado di legittimare innocentisti e colpevolisti. Più gli elementi distorti, ma ugualmente catalizzatori, prodotti dalla casa degli orrori nella quale viviamo: il teatrino permanente, la giuria delle soubrettes, l"accenno di strumentalizzazione politica, le teorie del complotto diffuse via Internet.
L"esperienza ha reso più flebile la voce del cuore: Erika Di Nardo dovrebbe aver spazzato via le ultime illusioni sul male che viene sempre da lontano. Ad ascoltarla ancora sono rimasti forse soltanto i primi rappresentanti delle forze dell"ordine che, come rileva l"ordinanza di custodia cautelare, non hanno affrontato la madre di Samuele cercando di metterla di fronte a una eventuale responsabilità, perché non la ritenevano verosimile. Non ci resta, invece, che ascoltare la voce della ragione, che parla negli atti giudiziari, senza dissipare tutti i dubbi.
Quella voce dice che esiste un solo delitto perfetto: quello in cui si fa scomparire il cadavere. Altrimenti, "il corpo della vittima parla". Proprio questo scrivono gli inquirenti, che "la posizione di Samuele parla". Che è stato colpito per prima cosa alla mano sinistra alzata in difesa, dunque ha visto l"assassino, ma ha reagito tardi perché lo conosceva. Quell"assassino, avrebbero stabilito le rilevazioni, portava un pigiama e quel pigiama apparteneva alla madre della vittima e sarebbe poi stato lasciato sotto e non sopra le coperte come lei sostiene per spiegarne le macchie di sangue. Quella madre si sarebbe contraddetta, avrebbe fatto affermazioni smentite dalle altre persone presenti nella casa, alcune delle quali decisive: sul suo abbigliamento al momento della scoperta dell"omicidio, sulle sue mosse precedenti.
"Per esclusione", non resta che lei: nessun altro avrebbe avuto a disposizione tempo e modalità per fare quello che a lei era consentito dalle circostanze. Eppure mancano, e non è poco, due cose: il movente e l"arma del delitto. Ed è qui che l"ordinanza non cammina più su sentieri sicuri. Afferma che l"arma sarebbe stata fatta sparire "con il concorso di altre persone". Ma non dice quali e quando. Di più: apre una falla illogica nella logica che la sorregge.
Gli altri presenti sulla scena del delitto contraddicono la sospettata e quindi la inguaiano, dunque come avrebbero potuta aiutarla a sbarazzarsi dell"oggetto usato per uccidere? E se non loro, chi altri? Quanto al movente, la spiegazione è logica, fin troppo: donna stressata, madre insoddisfatta, forse "semplicemente" presa da un attacco d"ira per il pianto del bambino mentre si preparava a uscire. E" illogico, ma è capitato, anche questo, molte volte. Delle due lacune, quella del movente appare la più difficile da colmare, specie se davvero la madre soffre di "amnesia dissociativa" e le prime reazioni intorno a lei l"hanno aiutata a rimuovere l"eventuale colpa.
La prova regina da cercare è l"arma del delitto.
È quella che, banalmente, può chiudere il caso (paradossalmente, più ancora della confessione di una donna provata). Fino ad allora continueremo a pensare che tutto è ancora possibile, non solo perché è doveroso farlo, ma perché sappiamo che in questo illogico presente ci sono madri che uccidono, inquirenti scrupolosi, misteri della giustizia, innocenti che pagano e O.J. Simpson al sole in Florida "per esclusione di colpevolezza".
(Questo avveniva il 15 marzo 2002)

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Anna Franzoni, secondo il gip, ha mentito su cinque punti. L'assurda richiesta al marito: "Facciamo un altro figlio?"
"La madre ha ucciso da sola ma un complice l'ha aiutata"
Samuele sarebbe stato colpito prima che la donna uscisse e imprigionata "perché poteva essere ancora pericolosa" _____________________________________________________________________________________________________
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AOSTA
Anna Maria Franzoni avrebbe ucciso da sola, ma qualcuno l'avrebbe aiutata a nascondere l'arma del delitto. E avrebbe colpito Samuele prima di uscire per accompagnare il figlio più grande a scuola, cioé tra le 7.30 e le 8.15. E avrebbe mentito, in almeno cinque punti. Solo negando varie "circostanze di fatto l'indagata può infatti evitare di essere scoperta, perché esse inchiodano l'autore del reato alla sua responsabilità". Sono i punti salienti dell'ordinanza di custodia cautelare per la mamma di Samuele, scritta dal gip Fabrizio Gandini. Un documento di ottanta pagine che si chiude con un sillogismo: "L'assassino indossava il pigiama e le ciabatte. La Franzoni indossava il pigiama e le ciabatte. La Franzoni è l'assassino". Anche se mette le mani avantI: "L'errore giudiziario è sempre possibile".
Ha ucciso, ha mentito e ha avanzato una richiesta "agghiacciante" (così la definisce il gip) al marito. Una richiesta formulata quando Stefano, il padre di Samuele, arriva quella mattina a casa, quando il bambino è stato appena portato via dall'elicottero e lei non è nemmeno certa che sia già morto. "Facciamo un altro figlio? Mi aiuti a farne un altro?".
Il delitto. Quella mattina, scrive il gip, "verosimilmente dopo aver cambiato Davide e averlo portato a fare colazione in sala, ma prima di cambiarsi, la Franzoni, richiamata dal pianto del piccolo Samuele, scende le scale e lo porta nel proprio letto: lì lo uccide. Poi si pulisce, si cambia, lasciando il pigiama dove poi è stato trovato". L'arma. E' anche "verosimile" che Anna Maria Franzoni sia stata aiutata a nascondere l'arma del delitto "da una o più persone". Il gip lo scrive nel capitolo dell'ordinanza in cui si evidenziano le due "lacune" dell'impianto accusatorio (e cioé la mancanza dell'arma del delitto e del movente). "L'indagata - scrive il gip - ha avuto a disposizione più di un congruo lasso temporale per farla sparire. Sembra verosimile ritenere che essa sia stata aiutata, in questa azione, da una o più persone al momento non identificabili".
Le menzogne. Secondo il gip di Aosta, l'omicidio del piccolo Samuele Lorenzi "non può che essere stato commesso da Annamaria Franzoni", la quale nel corso degli interrogatori ha mentito su almeno cinque circostanze di fatto". In primo luogo, diversamente da quanto dichiarato dall'indagata, "la porta di casa al mattino era chiusa"; la Franzoni, quando arrivarono Satragni ed una vicina di casa, "non indossava le ciabatte, ma stivaletti neri"; la Satragni "non disse mai" alla Franzoni di andare al piano superiore dell'abitazione "per togliersi le ciabatte e mettersi le scarpe"; il pigiama della donna "non si trovava sopra il letto, ma sotto le coperte"; infine Davide (il più grande dei figli della coppia Lorenzi), prima di andare a scuola, "non è stato cambiato nella sala, ma nella camera da letto".
Il movente. "Allo stato degli atti non vi sono elementi sufficienti" per affermare che il motivo dell'omicidio del piccolo Samuele "sia razionale, o del tutto irrazionale". Lo scrive il dottor Gandini, affrontando il tema del movente su cui, al momento, si possono fare solo "illazioni". Secondo il giudice a muovere la mano della mamma potrebbe essere stato o il "forte stress" per le preoccupazioni sulle condizioni di salute di Samuele, oppure la semplice irritazione dovuta al pianto. "Sembra ragionevole ipotizzare - scrive il gip - che in una situazione di forte stress, aggravato dalle condizioni di salute dell'indagata, la Franzoni abbia deciso di uccidere Samuele perché pensava che il piccolo avesse qualcosa che non andava, che frustrava il suo desiderio di mamma di vedere il figlio crescere in condizioni normali". "Oppure - prosegue il giudice - più semplicemente si può pensare che la Franzoni abbia soppresso la vittima perché quel mattino quando lei era già irritata, Samuele le dava fastidio, essendosi messo a piangere sulle scale proprio mentre lei si preparava per uscire".
Samuele era sveglio. Il piccolo Samuele era sveglio quando è stato aggredito e si è addirittura difeso con le manine. Non si è mosso perché non si poteva aspettare violenza dalla persona che si stava avvicinando: la madre, appunto. "Il suo corpo - è scritto nella perizia - da questo punto di vista, parla".
L'arresto. Anna Maria Franzoni è stata arrestata perché, se lasciata libera, avrebbe potuto uccidere ancora. Per questo, oltre che per il pericolo di fuga, la decisione del gip di disporne la custodia cautelare in carcere. "Sussiste il concreto e attuale pericolo che la Franzoni - qualora lasciata in libertà nel corso del processo - possa commettere altri gravi delitti con uso della violenza personale ovvero della stesse specie di quello per il quale si procede", scrive il gip. Che aggiunge "Una serie di circostanze provano infatti la "concreta pericolosità sociale dell'indagata".
Gli elementi a favore dell'indagata. Il caso di Anna Maria Franzoni, ipotizza il gip, "sembra rientrare nell'ambito dell'"amnesia dissociativa", ossia quel disturbo che prevede uno o più episodi di incapacità a rievocare un importante trauma personale". In sostanza, Anna Maria Franzoni potrebbe aver ucciso il piccolo Samuele in piena lucidità e aver immediatamente rimosso ogni cosa. Potrebbe addirittura essere sincera quando parla, nelle interviste, di un assassino "che è ancora in giro". Perché, nella sua mente "dissociata", l'altra personalità, quella che ha ucciso, è del tutto diversa ed "esterna" da sé.
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)

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La mamma di Samuele grida la sua angoscia. Il legale: "Sono convinto che non c'entri nulla"
Anna Maria in carcere "Disperata ma innocente"
La sua cella sorvegliata continuamente _____________________________________________________________________________________________________
TORINO
Chi l'ha vista racconta di una donna angosciata, ma lucida e senza lacrime. Chiusa nel carcere torinese delle Vallette, con sulle spalle l'accusa di aver ucciso il figlio Samuele, Anna Maria Franzoni lo ripete più volte: "Sono disperata, ma innocente". Parole dette da una donna, racconta chi l'ha vista, dotata di un notevole autocontrollo. Un donna "assolutamente innocente" dice il suo legale Carlo Federico Grosso. Una donna che ripete la sua estraneità al delitto al parlamentare di Forza Italia e membro della commissione giustizia della Camera, Furio Gubetti: "Mi ha detto che non c'entra con l'omicidio. E'una donna che ha bisogno di aiuto, indipendentemente dal fatto che sia colpevole o innocente".
In carcere Anna Maria Franzoni, che indossa un paio di pantaloni scuri, un maglione e una camicia, è stata portata nell' infermeria della sezione femminile, che si trova al primo piano, dove è stata visitata. Sarà tenuta sotto controllo medico anche nei prossimi giorni, quando le faranno alcuni esami. Nella cella che si trova a poche decine di metri dall'ambulatorio medico, Anna Maria Franzoni è sorvegliata in modo discreto, ma continuo. L'attenzione e la preoccupazione per la salute della donna, trapelate anche dalle parole del gip di Aosta, sono state alla base della scelta del carcere torinese come luogo di detenzione. E' il più vicino ad Aosta con una sezione femminile attrezzata e funzionale anche dal punto di vista dell'assistenza sanitaria.
Nonostante l'arresto e le accuse, l'avvocato della donna Calo Federico Grosso, ostenta ottimismo. Per lui Anna Maria Franzoni è innocente. "Non ho ancora potuto vedere l' intero materiale depositato a fondamento dell'ordinanza di custodia cautelare, ma dalle prime letture che ho potuto fare, ritengo di poter comunque affermare in assoluta coscienza, che l'originaria convizione risulta sicuramente confermata. Sono sempre più convinto che quell'omicidio non sia maturato all'interno della famiglia Lorenzi".
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)


Accusata di omicidio volontario, rischia l'ergastolo, E' guardata a vista nella cella del carcere di Torino
Arrestata la mamma di Samuele
"Vi sbagliate, non sono stata io" _____________________________________________________________________________________________________
COGNE
"Non è vero, non sono stata io". E' indagata per omicidio volontario aggravato dalla parentela, un reato per il quale rischia l'ergastolo, eppure quando glielo hanno detto si è mostrata abbastanza tranquilla. Però decisa: sarebbero state queste, "non sono stata io", le prime parole di Anna Maria Franzoni ai carabinieri di Aosta nella caserma di Vergato, sull'Appennino bolognese, mentre i militari le notificavano l'ordinanza di custodia cautelare che l'accusa di avere ucciso il figlio Samuele. La svolta è arrivata dunque nella notte, dopo un mese e mezzo di indagini, rilievi, perizie, interrogatori, chiacchiere da bar, assedi di tv e giornalisti e soprattutto tanto sgomento per la gente di Cogne e un infinito dolore per chi voleva bene al piccolo Samuele.
I carabinieri di Aosta erano arrivati a tarda sera al comando di compagnia dell'Arma a Vergato, poco distante da Monteacuto Vallese, dove abita la famiglia di Anna Maria Franzoni e dove la donna, il marito Stefano Lorenzi e l'altro figlio Davide si erano rifugiati nelle ultime settimane. Intorno a mezzanotte i carabinieri hanno telefonato a casa Franzoni, per convocare Anna Maria per una "notifica importante". Insieme al padre e al marito, la donna ha raggiunto la caserma: dove, appunto, le è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare. Nella prima pagina del provvedimento le si contesta "il delitto previsto e punito dagli articoli 575 e 577 comma 1, numero 1, del codice penale, perché colpendo alla testa il proprio figlio Samuele Lorenzi, di anni tre, con numerosi e ripetuti colpi, ne cagionava la morte. Con l'aggravante di aver commesso il fatto in danno del figlio di anni tre". Dopo le usuali procedure, come le foto segnaletiche, sarebbe partita per il carcere delle Vallette, a Torino tra le 4.30 e le 5. Ora Anna Maria, alle Vallette, è in cella da sola. Il gip Gandini ha chiesto che venga piantonata e controllata a vista perché, ha spiegato, "non possa commettere anche su se stessa fatti gravi". La signora sarà ascoltata dal magistrato questa mattina o al più tardi domani. Aveva chiesto di essere accompagnata dal marito nel viaggio verso Torino. Impossibile, le è stato risposto. Il provvedimento del gip, mandandola in carcere, non lo consentiva.
Samuele, tre anni, era stato trovato morto la mattina del 30 gennaio scorso nel letto matrimoniale della villetta di Montroz dove viveva la famiglia Lorenzi. A scoprire il cadavere era stata la mamma. Uscita di casa alle 8.16 per accompagnare il figlio più grande, Davide, di sei anni, alla fermata dello scuolabus a poche decine di metri dalla casa, la giovane donna ha sempre sostenuto che, al suo rientro, alle 8.24, era entrata nella camera da letto ed aveva trovato il piccolo in un lago di sangue, sotto le coperte del letto.
Da quel momento e fino a questa notte è stato tutto un rincorrersi di ipotesi, illazioni e sospetti sulle cause della morte del piccolo Samuele, in bilico fra le indagini nell'ambito familiare e l'ipotesi di un mostro, sostenuta con forza da Anna Maria Franzoni in una recente, drammatica intervista. Ascoltata più volte dai carabinieri e dai magistrati, il procuratore Maria Del Savio Bonaudo e il sostituto Stefania Cugge, Anna Maria Franzoni ha sempre proclamato la sua innocenza. Insieme al marito, Stefano Lorenzi, 35 anni, elettricista, con il quale è sposata dal '93, la donna si era trasferita da alcune settimane nel suo paese natale, Monteacuto Vallese, per sfuggire alla pressione dei media. E lì sono andati a prenderla stanotte i carabinieri.
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)

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Dalla sua casa di Bologna Mario Lorenzi racconta il drammatico arresto della donna
La rabbia del suocero "Un gesto ignobile"
"Lei è innocente, e comunque non può fuggire né inquinare le prove. Ormai si vuole bruciare il mostro in piazza" _____________________________________________________________________________________________________
BOLOGNA
Rabbia, dolore, convinzione dell'innocenza della nuora, accuse agli inquirenti: questa la reazione del suocero di Anna Maria Franzoni, Mario Lorenzi, all'arresto della donna. L'uomo parla coi cronisti dalla sua residenza nel centro di Bologna, con accanto la moglie Alida, ed esprime tutta la sua amarezza per gli sviluppi della vicenda.
A cominciare dalle modalità con cui Anna Maria è stata arrestata. Ecco il racconto. Lei e il marito hanno ricevuto una telefonata nella notte, verso l'1.10, dai carabinieri di Vergato, comune sull'Appennnino bolognese, poco distante da Monteacuto Vallese, residenza dei Franzoni. I militari avrebbero chiesto ai coniugi se potevano andare in caserma a firmare dei documenti. Quando sono arrivati, la madre è stata prelevata. Anna Maria avrebbe chiesto di essere accompagnata dal marito nel viaggio verso il carcere, ma poichè il provvedimento è un mandato di arresto restrittivo, le è stata negata questa possibilità.
Il signor Lorenzi continua a non avere dubbi sull'innocenza della nuora: "Nei suoi confronti - dichiara - è stato compiuto un gesto ignobile. Se gli inquirenti la ritengono colpevole, non bastava un avviso di garanzia anzichè un mandato di arresto restrittivo? Perchè prelevarla nel cuore della notte e portarla in carcere a Torino? Nessuno della famiglia ha potuto accompagnarla, non può parlare con nessuno. E' un criminale pericoloso? Poteva forse inquinare le prove?".Accuse anche sui metodi i indagine. "Hanno vuotato la casa. Hanno analizzato decine di peli di Pippo, il gatto.
Poteva fuggire Anna Maria? No, è sempre stata a disposizione degli inquirenti. Se temevano che potesse uccidere l'altro figlio Davide, perchè non l'hanno arrestata prima? Possibile che in questo civile Paese tutto quello che è avvenuto nel corso dell'inchiesta sia stato dato in pasto alla stampa?".
Il nonno paterno di Samuele ha poi raccontato un episodio che sarebbe avvenuto ieri sera. "Alle 22.10 ha telefonato una giornalista chiedendo se sapevo che era stato inviato un mandato di arresto ad Anna Maria. All'1.45 questo si è puntualmente avverato. Sono forse i giornalisti dei profeti? No - si è risposto il signor Lorenzi - a questo punto si vuole bruciare il mostro in piazza. Si tratta solo di scegliere quello più idoneo alle riprese televisive: Bologna, Monteacuto, Cogne".
Mario Lorenzi ringrazia poi la gente di Cogne, "tutti gli abitanti di quel paese sulle cui montagne si è formato il carattere di mio figlio, un uomo che nonostante la bufera che si è abbattuta sulla sua famiglia, saprà affrontare la vita a testa alta". Le ultimissime parole sono per Samuele: "Noi abbiamo un angelo in cielo, tra le braccia di Dio, e dopo quello che è successo sarebbe preferibile essere con lui in pace. Quando era in vita e mi vedeva corrucciato, mi chiedeva 'arrabbiato tu nonno?' e ora gli rispondo: ora non più, sono qui con te".
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)

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Entro due giorni l'interrogatorio della mamma di Samuele "Non è un omicidio classico ma una tragedia familiare"
"Una decisione sofferta"
Il procuratore Bonaudo: "Siamo andati per esclusione, indagine ancora in corso" _____________________________________________________________________________________________________
AOSTA
Una decisione sofferta ma motivata da una serie di indizi. Così il gip Fabrizio Gandini definisce il suo atto che ha dato il via libera all'arresto di Anna Maria Franzoni, la mamma del piccolo Samuele richiesto dalla procura di Aosta. Una decisione "sofferta sia sulle carte, sia a livello psicologico. Ho valutato con scrupolo maniacale tutti gli elementi a favore e contrari riguardanti la signora Franzoni". Anche perché come il magistrato ha voluto ricordare, "non stiamo parlando di un omicidio in senso classico, questa è una tragedia famigliare quindi la mamma di Samuele non può essere considerata un assassino nella comune accezione del termine. Si tratta di un accertamento basato sugli elementi fino ad ora raccolti e quindi non possiamo parlare di un accertamento definitivo della responsabilità ".
Il giudice mette in piazza tutta la sua cautela nell'affrontare una vicenda che lo ha "turbato". Una tragedia che, a detta del giudice, conserva dei "momenti oscuri" e aspetta l'interrogatorio della signora Franzoni per verificare il suo convincimento.
Gli elementi "oscuri" sono il mancato ritrovamento dell'arma del delitto e la mancanza di un "movente dell'azione delittuosa". Due elementi classici ma che comunque non hanno impedito al gip di individuare in Anna Maria Franzoni la possibile colpevole. Ma è stato lo stesso giudice a chiarire che comunque lui nelle 83 pagine di ordinanza "due o tre ipotesi di movente" le ha descritte. Insomma, pur avendo "valutato la situazione prima di leggere le richieste dei pm per non farmi condizionare" e nonostante lo scrupolo di non coinvolgere la mamma di Samuele, alla fine il Gip ha deciso che c'erano "gli elementi di fatto" per dire sì alla richiesta di custodia cautelare.
Una richiesta alla quale la procura era giunta "per esclusione". Lo spiega il procuratore Maria Del Savio Bonaudo in un'intervista al Gr1che racconta come si è giunti all'arresto della mamma dopo aver abbandonato le altre possibili piste e tenendo conto delle perizie, giudicate "importanti", degli uomini del Ris: "Sì, ci siamo arrivati per esclusione - dice il magistrato - ho detto e ripetuto più volte che si è indagato in tutte le direzioni e ancora, non nell'immediatezza ma tempo dopo l'accaduto, tutte le direzioni possibili sono state oggetto di indagini e di accertamento approfondito. Ma altre piste sono state escluse quando si sono accumulati elementi probatori nei confronti della signora Franzoni".
Il procuratore ha poi definito il risultato dell'inchiesta "una tragedia nella tragedia". Soddisfatta? "Diciamo che sono serena - è la risposta - Se per soddisfatta si intende la consapevolezza di avere lavorato bene con il mio ufficio, la dottoressa Cugge e tutti quelli che hanno collaborato, dico di essere soddisfatta". L'indagine, ad ogni modo, non è chiusa: "Ci sono altre attività da svolgere". Il procuratore Bonaudo ha poi precisato che "al momento non ci sono altri indagati".
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)

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Osvaldo Ruffier turbato dall'arresto di Anna Maria Franzoni. "Per tutti la mamma di Samuele era innocente"
Cogne, parla il sindaco: "E' una notizia terribile"
Il paese sotto choc si chiude nel silenzio: "Ora vogliamo una verità definitiva" _____________________________________________________________________________________________________
COGNE
"E' una notizia terribile". Si alza presto Osvaldo Ruffier, il sindaco di Cogne. E alle 6 è già nel suo ufficio in municipio. Come ogni giono, e non perché stanotte hanno arrestato Anna Maria Lorenzi nella casa bolognese dei genitori, a Monteacuto, con l'accusa tremenda di aver assassinato il figlio Samuele. "E' una notizia terribile - dice dunque Ruffier - è tremendo che una madre venga accusata di aver ucciso il proprio figlio".
Davanti a sé, sul tavolo, Ruffier tiene l'ultima lettera speditagli sulla vicenda che ha sconvolto Cogne. Spiega che Anna Maria Franzoni è sempre stata ritenuta innocente e, facendosi interprete dello stato d'animo dei suoi cittadini, lascia sospeso il giudizio sulla sua colpevolezza: "Noi vogliamo una verità definitiva, forse ci vorrà del tempo. Dice di essere innocente e, probabilmente, avrà buoni argomenti per provarlo".
Tutto il paese chiedeva che si mettesse fine all'incubo. Soprattutto, spaventava la possibile presenza di un mostro. La stessa minaccia di cui parlavano i Lorenzi. Il sindaco di Cogne non prova sollievo perché un presunto colpevole è stato individuato. Al mostro, dice, "non abbiamo mai creduto. Non abbiamo mai pensato che qualcuno a Cogne potesse fare qualche cosa di così tremendo". In paese, stamattina, per strada c'è ancora meno gente del solito e tutti preferiscono evitare l'argomento. Persone che vanno al lavoro e che tirano dritto, donne puntuali per la prima messa, che entrano in chiesa frettolose, chinando il capo.
All'uscita dalla chiesa di Cogne, dopo la messa i volti erano tirati. Donne e uomini che osservavano diffidenti gli estranei, quasi un timore di sentirsi chiedere che cosa pensassero dell'arresto della madre di Samuele. E quando gli è stato chiesto, non hanno risposto. Lo choc della notizia, per quanto potesse essere attesa, è evidente e sta tutto nell'atteggiamento del parroco don Corrado che, laconicamente, risponde: "Non ho nulla da dire". Anche Graziana Perratone, la donna che fu ospite dei Lorenzi la sera prima del delitto, rimane in silenzio di fronte alle domande che le vengono poste nel negozio di alimentari che gestisce con il marito.
Qualcosa dice, invece, una signora che ha un figlio di 10 anni, ma che non vuole nemmeno rivelare il nome di battesimo. Dice che, con il suo bambino, della vicenda parla il meno possibile. "Come faccio a spiegargli che una madre è accusata di aver ucciso suo figlio?", chiede. Di una cosa è certa: "questo delitto segnerà Cogne per anni". "Quella casa, dal paese, la vediamo tutti e - conclude - ci ricorderà sempre quanto è accaduto".
Anna Maria è in carcere a Brissogne e ora che lei è qui potrebbero tornare anche il marito Stefano Lorenzi e l'altro figlio Davide, il fratello di Samuele. Come dice il sindaco: "Nessuno ha niente contro Stefano e Davide Lorenzi. Siamo certamente disposti a riaccoglierli fra di noi". Poi si sfoga: "Non avrei mai voluto che fosse successo tutto questo. Per il momento non si può dire che sia stata davvero lei. La magistratura farà il suo lavoro e ci auguriamo che si arrivi al colpevole con certezza". Il sindaco, nei giorni scorsi, aveva più volte sollecitato la magistratura ad accelerare i tempi dell'inchiesta: "Ci aspettavamo una risposta. Adesso c'è stata, ma il dramma rimane".
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)

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Il lavoro del Ris ha fornito molti elementi che hanno portato alla decisione di arrestare la madre di Samuele
Dai tempi al pigiama gli indizi a carico di Anna Maria _____________________________________________________________________________________________________
TORINO
Sono tanti gli indizi a carico di Anna Maria Franzoni. E si tratta di "gravi indizi" è scritto nel comunicato diffuso stamane dagli inquirenti per spiegare l'arresto di Anna Maria Franzoni per l'omicidio del figlio. Ma già da ora si può delineare a grandi linee il quadro degli elementi in mano all'accusa. Si tratta di indizi che poggiano sulle testimonianze, sui risultati dei sopralluoghi fatti nella villetta, sull'autopsia e sulle analisi scientifiche del Ris di Parma. Un complesso di elementi che, come ha detto stamane il procuratore di Aosta Maria Del Savio Bonaudo, hanno portato alla mamma di Samuele "per esclusione". Ma bisogna tenere presente che si tratta di una ricostruzione del tutto indiziaria, alla quale mancano ancora un preciso movente, l'arma del delitto, che non è stata trovata nonostante la trentina di sopralluoghi fatti dai carabinieri dentro e fuori la villetta, e testimonianze precise.
I tempi. Innanzitutto, è altamente improbabile che degli estranei siano entrati nella villetta quella mattina del 30 gennaio scorso per uccidere Samuele. E' una questione di tempi: Anna Maria Franzoni rimane sola con i suoi due figli, Samuele di tre anni, e Davide, di sette, dalle 7,30, quando il marito se ne va per andare al lavoro, fino alle 8,30, quando arriva l'amica psichiatra Ada Satragni. Alle 8,05 Davide esce dalla casa e attende nel giardino di essere accompagnato allo scuolabus, che si ferma a poche decine di metri dalla casa. Alle 8,16 lo porta la mamma, che lascia Samuele nel lettone da solo e che rientra alle 8,24. Un eventuale assassino "esterno" avrebbe dunque avuto solo otto minuti per entrare nella villetta (la porta d'ingresso era accostata), colpire il bimbo, fuggire e nascondere l'arma. L'autopsia, che rileva 17 colpi sul capo del bimbo, due dei quali gli sfondano la fronte, accerta inoltre che la morte è sopravvenuta in pochi minuti.
Estranei. Un altro elemento è che nessuno a Cogne, né la mamma, né i vicini di casa dei Lorenzi hanno visto estranei intorno alla casetta della frazione Montroz, nonostante sia in posizione dominante e aperta. Anche i sopralluoghi, le analisi delle orme e delle impronte escluderebbero la presenza di persone estranee, oltre quelle (12) accorse dopo l'allarme lanciato dalla mamma tre le 8,28 e le 8,30.
Il lavoro del Ris. Sono, però, le analisi scientifiche ad apparire per ora l'elemento più forte d'accusa: i carabinieri del Ris di Parma hanno ricostruito il percorso degli schizzi di sangue che hanno imbrattato pavimento, pareti e letto della stanza in cui si trovava Samuele. L'assassino ha colpito il bimbo stando in piedi alla sua sinistra. La sua figura ha fatto da schermo contro gli schizzi che, infatti, mancano in una parte del muro retrostante.
Il pigiama. E numerosi schizzi di sangue si trovano sulla giacca del pigiama della donna, che sarebbe stato indossato da chi ha colpito Samuele. Non poteva essere sul letto, perché altrimenti la coperta sottostante non si sarebbe potuta macchiare. Dalle analisi del Ris su quel pigiama sarebbero arrivate la prove decisive a carico della mamma di Samuele.
Il comportamento della madre. Altri indizi riguardano la personalità di Anna Maria Franzoni: la mattina dell'omicidio, poco prima delle 6, ha "un attacco di panico", come certifica la dottoressa del 118 che accorre alla villetta chiamata da Stefano Lorenzi. Da qualche tempo non sta bene. C'è inoltre un biglietto in cui la donna scrive al marito: "Da qualche tempo non ci parliamo piu come una volta".
(Questo avveniva il 14 marzo 2002)

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Il procuratore smentisce la madre. Aperto un fascicolo per le interviste in tv. Oggi la decisione del gip
"Nessun mostro gira per Cogne"
Ieri l'elicottero che soccorse Samuele ha rifatto il percorso per un controllo dei tempi _____________________________________________________________________________________________________
AOSTA
Il giorno più lungo della procura della Repubblica di Aosta inizia alle 8.45 di ieri, quando accompagnato dai carabinieri per evitare l'assalto di telecamere e microfoni il gip Fabrizio Gandini entra a Palazzo di Giustizia. Mentre l'uomo che deve decidere se far arrestare o meno la persona che secondo il pm Stefania Cugge ha ucciso Samuele, il bimbo di Cogne, raggiunge il suo ufficio al piano terra, al secondo piano il sostituto procuratore capo Maria del Fabio Bonaudo aspetta con ansia di sapere se la loro richiesta di arresto sarà accolta o respinta. "Escludo nella maniera più assoluta - ha dichiarato - che a Cogne si aggiri un mostro che colpisce casualmente entrando dalle finestre per uccidere i bambini. D'altra parte lo avevo già escluso pochi giorni dopo il delitto del piccolo Samuele. Ma per essere più precisa devo dire che ha ragione la signora Lorenzi: l'assassino è ancora libero in quanto non è stato, per ora, arrestato. E se vogliamo, possiamo definirlo mostro perché ciò che ha compiuto è un gesto disumano e mostruoso".
Il pm e il procuratore capo sanno tuttavia che la decisione di Gandini non è scontata. Quel gip, che ha alle spalle brillanti studi giuridici alla Cattolica di Milano e un centinaio di lanci dall'aereo, in passato ha più volte respinto le richieste della procura, dimostrando una totale indipendenza. Gandini ieri è rimasto in ufficio per tutto il pomeriggio, uscendo sempre accompagnato dai carabinieri solo per buttar giù un panino in fretta al bar più vicino. Il pm Stefania Cugge ha atteso per l'intero pomeriggio, ma verso le 19 si rende conto che il gip non ha ancora deciso, congeda la segretaria e torna a casa con il marito, magistrato anche lui. Solo alle 20.30 Fabrizio Gandini lascia l'ufficio e sale su un'auto civile dei carabinieri per tornare nel suo rifugio segreto.
La sua decisione è rinviata, probabilmente a questa mattina. Negli uffici della procura però ad aumentare la tensione ci sono anche la consulenza tecnica depositata il giorno prima dal professor Carlo Torre il consulente medico legale della famiglia Lorenzi e soprattutto le interviste, in particolare quella televisiva rilasciata da Annamaria Franzoni, la madre di Samuele, che ha fatto capire di sapere che è sospettata dell'omicidio del figlio. Il professor Torre, con una ricostruzione della stanza della casa di Cogne dove il 30 gennaio è stato ucciso Samuele e una riproduzione del pigiama di Annamaria Franzoni macchiato di sangue sequestrato dopo l'omicidio, ha cercato di reinterpretare l'analisi fatta dai carabinieri del Ris di Parma arrivando a conclusioni ben diverse. Secondo Torre infatti il pigiama della madre di Samuele macchiato da alcune gocce di sangue coagulato la cui conformazione sarebbe cambiata mentre veniva tolto di dosso.
Ma l'attenzione della procura è stata attratta anche dalle interviste rilasciate da Annamaria Franzoni. Sembra infatti che il pm Cugge abbia acquisito le dichiarazioni rilasciate a giornali e televisioni dalla madre di Samuele. In particolare ha sollevato grosse perplessità la pignoleria con cui la donna ha spiegato di togliersi per abitudine il pigiama e rovesciarlo. Il pigiama che resta il più consistente indizio raccolto dagli investigatori è infatti macchiato sulla parte interna, come se l'assassino lo avesse indossato al contrario. Ma gocce di sangue sono anche sui pantaloni della tuta da notte e sopra e sotto le pantofole di Annamaria Franzoni. Sorprendente anche l'affermazione della donna che ricorda di essere rientrata in casa dopo aver accompagnato Davide, il figlio più grande, alla fermata dello scuolabus e di aver trovato Samuele nascosto sotto le coperte ("come se volesse farmi cucù...") e di non essersi accorta subito del sangue nella stanza.
Nel corso dell'autopsia sul corpo del bimbo il professor Francesco Viglino invece ha rilevato grosse macchie di sangue sulle gambe di Samuele. Macchie che analizzate dal laboratorio dei carabinieri del Ris di Parma sono risultate uguali a quelle rilevate sulle coperte del letto. E infine resta difficile da credere che Annamaria Franzoni, rientrando a casa, non si sia accorta del sangue schizzato sui muri e sul soffitto della sua camera da letto. Tutti quelli che sono entrati in quella stanza sono concordi nel descrivere il muro del locale completamente lordato dagli schizzi delle ferite inferte a Samuele. Sul piano dell'inchiesta, ieri è stato simulato l'intervento di soccorso in elicottero al piccolo Samuele. Per due volte l'elicottero del 118 ha ripercorso il tratto da Aosta alla zona in cui atterò il giorno del delitto.
(Questo avveniva il 13 marzo 2002)


I consulenti hanno presentato i loro controesami. Le divergenze con le analisi dei carabinieri di Parma
"Cogne, ecco gli errori del Ris"
L'esame dei periti di parte: "Il pigiama era sul letto" _____________________________________________________________________________________________________
AOSTA
Un modellino in polistirolo contro un computer, il semplice buonsenso contro le linee virtuali della Bloodstain Pattern Analysis. E' in questo modo che il professor Carlo Torre, il consulente medico-legale a cui si è affidata la famiglia Lorenzi come parte offesa nell'inchiesta sul mistero di Cogne, cerca di reinterpretare gli indizi raccolti dai carabinieri del Ris di Parma durante i sopralluoghi nella casa dove la mattina del 30 gennaio scorso è stato ucciso il piccolo Samuele.
Dopo giorni intensi passati nel laboratorio dell'Istituto di Anatomia di Torino a studiare i diversi modi in cui gli schizzi di sangue possono macchiare un pigiama azzurro, ieri il professor Torre e il dottor Carlo Robino, l'esperto di genetica forense che lo affianca nella consulenza, hanno depositato alla Procura della Repubblica di Aosta i risultati dei loro esami. Venti pagine che riassumono le conclusioni della loro interpretazione delle tracce di sangue rilevate nella casa di Cogne, una decina di fotografie per evidenziare i particolari, un pigiama su cui sono state riprodotte macchie simili a quelle rilevate sulla tuta di Annamaria Franzoni dagli esperti del Ris e infine una ricostruzione in polistirolo della camera da letto dove è stato commesso il delitto.
Il tutto per dire che, a differenza di quanto concluso dal tenente colonnello Luciano Garofano dopo gli esami a Parma, l'assassino non poteva indossare quel pigiama macchiato di sangue. Per un motivo molto semplice: se quell'indumento fosse stato indossato da chi ha ucciso il bimbo di Cogne sarebbe stato sì sporco di sangue ma le tracce ematiche si sarebbero deformate nel momento in cui fosse stato sfilato. E invece, come affermano anche i carabinieri del Ris, quelle gocce di sangue sono, secondo il gergo medico-legale, "da schizzo". E non ci sono segni di imbrattamento. La conclusione è che il pigiama può essersi macchiato in quel modo solo perché lasciato sul letto a poca distanza da dove è stato ucciso Samuele.Conclusione che confermerebbe quanto dichiarato proprio l'altro ieri da Annamaria Franzoni che ha ricordato: "Alle 8.05 mi sono tolta il pigiama. Lo tolgo sempre al rovescio e presumo di averlo messo sul letto...". I carabinieri del Ris però hanno trovato tracce di sangue anche sopra e sotto le pantofole della donna e protendono per una conclusione diversa da quella del professor Torre. L'assenza di un movente, il mancato ritrovamento dell'arma usata per il delitto, l'impossibilità per chi era nella casa di Cogne di nascondere l'oggetto con cui è stato ucciso Samuele e l'assenza di un complice che, nonostante le ricerche non è mai stato trovato sono gli altri capisaldi della consulenza della parte offesa.
"Abbiamo portato un piccolo pezzo di verità per arrivare alla verità intera" spiega l'avvocato Carlo Federico Grosso, accompagnando i suoi due consulenti in procura. La relazione del professor Torre e dottor Robino si aggiungerà al fascicolo consegnato con la richiesta di un'ordinanza di custodia cautelare al gip Fabrizio Gandini che sta completando lo studio delle prove fornite dal pm Cugge per decidere se arrestare o meno la persona sospettata d'aver ucciso il piccolo Samuele. Ieri sera si era diffusa la voce che una richiesta di arresto riguardasse Anna Maria Franzoni.
Ma il procuratore Del Savio Bonaudo non ha voluto commentare. Intanto ieri sera Stefano Lorenzi è andato nella caserma dei carabinieri di Aosta dove si è trattenuto per 15 minuti. Non sarebbe stato interrogato.
(Questo avveniva il 12 marzo 2002)


Cogne, l'autodifesa di Anna Maria Franzoni: "Non sono stata io, l'assassino di Samuele è libero"
Quella madre che piange in tv _____________________________________________________________________________________________________
Quel volto di donna, che finora avevamo visto solo di profilo e di sfuggita, 40 giorni dopo la morte di Samuele è apparso sugli schermi delle tv di casa nostra, con i suoi lineamenti fragili e la voce incerta, quasi infantile, a dirci come sono andate le cose in quella mattina tragica nella villetta di Cogne. Una madre che ha perso il suo bambino e insieme non può più stare raccolta nel suo dolore, come finora ha fatto, sottraendosi a tutte le interviste ed evitando qualsiasi dichiarazione.
Perché ora ha l'impressione che il cerchio dei sospetti si restringa e minaccia di chiudersi intorno a lei. Rilascia allora una lunga intervista a due quotidiani e un'esclusiva tv, uscendo improvvisamente dal suo segreto per esporre davanti a tutti il suo strazio e proclamare la sua innocenza, cui dobbiamo credere fino a prova contraria, per consentire a lei di ricomporre i pezzi lacerati di sé e a noi tutti di ricominciare a sperare che le famiglie non siano solo il luogo dove possono accadere le cose più terribili che la mente umana può concepire e il gesto eseguire.
L'innocenza proclamata consente alla donna di dire che dunque l'assassino è libero, e la sua libertà è la minaccia che incombe su tutti i bambini di Cogne, compreso Davide, il fratellino di Samuele. Ma non solo. Sbagliare imputato - dice la donna - significa minare la fiducia che i cittadini ripongono nella giustizia, e il venir meno di questa fiducia è il venir meno di una garanzia per tutti. Tutto vero, tutto giusto. Ma perché nelle interviste la difesa di sé finisce con l'avere il sopravvento sul dolore per la perdita del figlio? Un dolore che i 40 giorni trascorsi non possono aver lenito né sopito. Che movimenti ha il dolore nell'animo umano?
Talvolta lo chiude rendendolo indifferente a qualsiasi seguito della storia. Che il seguito sia il sospetto o la prova, giusta o sbagliata, che può portare al carcere, al dolore di una madre che ha perso il figlio non importa più nulla. Ma non è sempre così. Talvolta l'istinto di conservazione - la vita che in ciascuno di noi chiede solo di vivere per l'amore che abbiamo per noi e per gli altri intorno a noi - ha il potere di razionalizzare il dolore, di assegnargli un posto nel ricordo triste e sommesso, nell'evocazione della felicità perduta ma da riguadagnare, e allora la difesa di sé vince sullo smarrimento di sé. Sono due vie possibili, e neppure le uniche, che il dolore sa percorrere nell'ambivalenza mai sciolta dell'animo umano dove l'amore si incatena con l'odio, il piacere con il dolore, la benedizione con la maledizione, la luce del giorno con il buio della notte, perché nel profondo tutte le cose sono incatenate e intrecciate in un'invisibile disarmonia. E scrutare l'abisso che queste cose sottende è compito ormai trascurato dalla nostra cultura che con troppa semplicità distingue il bene e il male come se i due non si fossero mai incontrati e affratellati.
Criticare questa madre per le interviste rilasciate quando il cerchio s'è fatto stretto e i sospetti assillanti è già nelle cose stesse, nel parere di molti, e rasenta i limiti dell'ovvio. Ma in ogni riprovazione che rivolgiamo agli altri c'è un volgare rigurgito di innocenza per noi stessi, guadagnato a poco prezzo. Con la riprovazione, infatti, vogliamo soprattutto evitare di vedere in noi stessi - a livelli più sfumati senz'altro, non così tragici - la stessa ambivalenza che da sempre accompagna i nostri sentimenti per i bambini, figli d'amore certo, ma anche di fastidio e in alcuni casi di odio. Non ci sarebbero tanti disperati nella vita se tutti, da bambini, fossero stati davvero amati e solo amati. Accettare la realtà quando questa è troppo distante dal proprio desiderio è un lavoro che ci affatica ogni giorno. Quando questa fatica supera oggettivamente o soggettivamente i nostri limiti, si affaccia come via d'uscita il giudizio dato prima dell'accertamento definitivo dei fatti. Un giudizio che non è una sentenza, ma un'insinuazione esplosiva, quale si può ottenere intervistando la madre alla vigilia di un ordine di garanzia di cui si ignora il destinatario. Non si mobilitano le emozioni della gente su un fatto del genere per un po' di audience o qualche copia di giornale in più: bene avrebbe fatto la madre di Samuele a proseguire nel suo silenzio, perché non oso pensare che quelle interviste le abbia sollecitate lei.E se invece così fosse, metterei il suo gesto in conto alla sua disperazione, ma non mi sentirei di giustificare fino in fondo chi ha raccolto la sua disperazione per soddisfare per primo le attese della gente. Chiederei su questa tragedia ancora un po' di silenzio, per qualche giorno.
(Questo avveniva il 12 marzo 2002)


RIFLESSIONI _____________________________________________________________________________________________________
Dopo l'interrogatorio dei genitori del piccolo Samuele, come persone informate sui fatti, carabinieri e inquirenti stanno cercando di districare l'enigma di Cogne. Il sostituto procuratore, Stefania Cugge, ha spiegato che l'interrogatorio del papà e della mamma del bimbo di 3 anni, massacrato nel suo lettino, è stato "un atto dovuto dopo l'autopsia, perché sono persone che possono aiutare nell'inchiesta". Il magistrato ha aggiunto che si stanno valutando la possibilità e la necessità di sentire o meno anche il fratellino più grande di Samuele, che ha 7 anni.
Rimane ancora l'incognita sull'ora della morte di Samuele, un punto determinante per l'esito delle indagini che a quarantotto ore dalla tragedia sono su un punto morto.
Samuele è stato ucciso a colpi d'arma da taglio, "una piccola arma fendente", ha precisato il magistrato. Il bambino è stato colpito con furia: 20 colpi che gli hanno procurato ferite alla fronte e al cranio.
Questo il responso dell'autopsia sul corpo del piccolo, durata due ore. Il magistrato titolare dell'inchiesta, Stefania Cuggè, ha parlato brevemente con i cronisti, confermando che è stato aperto un fascicolo per "omicidio ad opera di ignoti", ma, a specifica domanda, non ha voluto chiarire se le indagini hanno preso una direzione precisa.
Il magistrato si è detta comunque "fiduciosa" che la soluzione del caso arriverà a breve. I carabinieri del Ris di Parma, coordinati dal colonnello Garofano, sono stati a lungo al lavoro nella casa dove mercoledì mattina è stato trovato morto, con il cranio fracassato, il piccolo Samuele, di tre anni.
Le indagini sono orientate su diverse piste, come hanno precisato gli inquirenti, e forse qualche chiarimento si potrà avere dall'autopsia che è stata eseguita ad Aosta.
Il medico legale, Francesco Viglino, che l'ha condotta ha affermato che Samuele "è stato ferito mortalmente con armi da taglio", aggiungendo che "non è stato un esame faticoso".
Sarebbero venti i colpi inferti al piccolo Samuele e questo è un altro elemento che rende più fitto il mistero su movente e dinamica. In particolare, si cercherà di stabilire con precisione l'ora della morte del bambino, secondo gli investigatori "l'elemento fondamentale" per capire cosa è accaduto nella casa quella mattina.
Il mistero sulla fine di Samuele sembra essere racchiuso nell'ambito familiare. Si cerca di sapere intanto cosa è successo alle sei di mattina di mercoledì 30 gennaio, quando la mamma del piccolo ha chiamato il 118 perché il bimbo stava male.
Una seconda telefonata della donna al 118 è stata fatta alle 8,20, questa volta a tragedia consumata. Il bambino, dopo l'aggressione, sarebbe stato ricoperto e rimboccato con il piumone. Un particolare che chi conduce l'inchiesta vorrebbe chiarire.


I COLPEVOLISTI A OLTRANZA
Dr.Stanley Neustadter – (Avvocato penalista di Cassazione a Manhattan - NY) _____________________________________________________________________________________________________
Caso Cogne, un avvocato penalista con oltre 40 anni di esperienza scrive esprime il suo parere personale sull'omicidio del piccolo Samuele. E sostiene la colpevolezza di Anna Maria Franzoni.
Ho seguito questa vicenda dall'inizio; ho letto un libro scritto da un innocentista (Cogne, Delitto Infernale di C. Lavorino) innumerevoli articoli, ho visto parecchi programmi televisivi italiani, ho sentito i gli accusatori e i difensori (Taormina e gli altri).
Vorrei discuterne, portando il punto di vista di 40 anni di pratica penale, di letture di verbali, esami di prove in casi di assassini di bimbi.
1. In Usa ci sono centinaia (dico: centinaia!) di casi simili ogni anno. Casi di omicidi di bambini fino a 10 anni. Li dividiamo in due categorie: omicidi commessi da estranei (solitamente pedofili, stupratori o rapitori di bambini); e omicidi commessi da persone che hanno un forte legame emotivo con il bambino (genitori, nonni, fratelli e sorelle, tate, ecc.). Ciascuno ha sue peculiarità e segue specifici modelli.
2. Gli omicidi di bambini commessi da estranei avvengono quasi sempre per strangolamento o soffocamento; al massimo vengono inferti uno o due colpi violenti. I corpi sono molto spesso nascosti o sepolti.
3. Gli infanticidi commessi da qualcuno molto legato al bambino, quasi senza eccezione, sono commessi con grande violenza e colpendo la vittima ripetutamente. Spesso sui cadaveri vengono rilevati segni fisici di abusi precedenti, e l'incidente fatale, l'omicidio, spesso si accompagna a lesioni profonde. Così come a Cogne, l'omicida che è legato affettivamente al bambino quasi sempre chiama le autorità spiegando vagamente che "è successo qualcosa al bambino" o "c'è qualcosa che non va nel bambino", e chiede di mandare un'ambulanza. Non nasconde il corpo. Non scappa, non ne ha il tempo: è troppo impegnato a negare a se stesso quanto ha appena commesso.
4. Qualunque giudice, poliziotto, procuratore o avvocato sa che gli estranei o i malviventi non uccidono i bambini per ira o rabbia (non ne hanno motivo e se sono malviventi preferiscono agire in silenzio). Soltanto persone legate alla vittima possono incollerirsi abbastanza da infliggere colpi multipli. Se un bambino viene trovato morto gli investigatori cercano le cause della morte. Ma se vi sono lesioni multiple essi SANNO che l'omicidio è stato commesso da qualcuno emotivamente legato al bambino, qualcuno che abbia avuto precedenti rapporti con il piccolo.
5. Chi era emotivamente vicino a Samuele? La famiglia, eventualmente una governante o una baby sitter. Il padre apparentemente ha un alibi inattaccabile. Lo stesso vale per i nonni e gli altri parenti. Chi resta? Chi è l'unico membro della famiglia che aveva accesso al bambino nel momento del delitto? Solo una persona. E, finalmente, è in prigione come merita.
6. Per credere che la Franzoni sia innocente dobbiamo credere che (i) un perfetto estraneo, (ii) per un motivo che ci è sconosciuto, (iii) sia entrato in casa nei pochi momenti in cui Anna Maria stava accompagnando l’altro figlio allo scuolabus, (iv) abbia brutalmente colpito Samuele, (v) sia scappato - (vi) inosservato – (vii) nella campagna deserta (viii) fuggendo da un paesino in cui tutti si conoscono e (ix) dove un forestiero o estraneo sarebbe notato immediatamente.
Per credere all’innocenza della Franzoni significa credere in numero altissimo di coincidenze improbabili. TUTTE queste cose devono essere vere contemporaneamente per credere che qualcun altro abbia commesso il crimine; se soltanto una di queste cose non è vera, l’assassino non può che essere lei.
7. Samuele morto per “cause naturali”? Assurdo. Con il sangue schizzato e spalmato dappertutto? Soltanto in un mattatoio. Se siete disposti a credere alle “cause naturali” dovete essere disposti a credere anche nel suicidio.
8. Ci sono soltanto tre elementi a favore degli innocentisti. Primo, lei è una bella donna, di buona e solida famiglia e le sue interviste televisive sono state potenti performance cinematografiche. Secondo, il “mammismo italiano”, il culto generalizzato delle Vergine Maria, e motivazioni simili, che rendono impossibile per gli italiani credere che una madre possa realmente uccidere il “suo” piccolo bambino: uccidere un’amante o un marito, sì. Ma non il suo bambino. Terzo, collegato alle altre due ragioni: la tradizione culturale cattolica italiana induce ad “aspettarsi” che le persone confessino. La Franzoni non ha confessato e questo a molti innocentisti è la evidente prova che sia innocente.
Nessuna di queste ragioni è una “prova” di innocenza. Sono invece prova della colpevolezza degli ingenui innocentisti.


Cogne/ Lettera aperta alla Franzoni
di Maria Grazia Torri _____________________________________________________________________________________________________ Giraldi Editore - ISBN 9788861550551 - p.360 - €15.00 Cliccando qua _____________________________________________________________________________________________________
Cara Anna Maria Franzoni,
ti scrivo nel primo giorno della tua carcerazione e nel mio ennesimo di ospedale, nel luogo dove sono stata operata recentemente, per un'ulteriore complicanza della mia malattia, che devo proprio al mio eccesso di impegno a favore della verità e della giustizia sul tuo caso, partecipazione non solo vissuta a livello libresco, ma come impegno, in prima persona, la stessa cosa che qualcun altro, a me molto affine, fece nel Caso Dreyfus, forse in un tempo di crisi culturale e sociale non diverso da questo, anch'egli correndo rischi gravi e senza mai tirarsi indietro.
Il saperti ora in carcere mi addolora ancor di più e mi apre una ferita nel costato più larga di quella che mi hanno fatto le chirurgie e il male. E' come se mi avessero infilato una lancia. La lancia dell'omertà, del silenzio, del pressappochismo, dei poteri più che mai corrotti della società e della cultura italiana, della congiura mediatica, dei CRIMINI TELEVISIVI di cui non parla nessuno, la lancia dell' ipocrisia, della follia negativa per la quale tanti giovani muoiono inutilmente, e infine, la lancia di una giustizia carrarmato, che avendo in dotazione strumenti scientifici e sofisticati, crede di poter fare completamente a meno dei valori umani, della riflessione, del buon senso e dell'acume del cervello umano, che stanno, da sempre, alla base delle vere inchieste.
Ho scritto senza conoscerti un libro su di te che mi ha impegnato 2 anni, che non mi ha finanziato nessun istituto universitario o televisivo, che mi ha svuotato le tasche e fatto perdere il lavoro prima, e la salute, poi. L'ho scritto in compagnia di specialisti, di neurochirurghi, di medici autoptici, e di una dottoressa molto speciale (Agnese Pozzi) perché se tuo figlio è morto di una qualche morte cerebrale era giusto interpellare loro in prima battuta non altri. Gli psichiatri e gli esperti di gossip potevano attendere.
Il libro, che conteneva intuizioni, considerazioni e prove mediche che avrebbero fatto gola a qualsiasi tuo avvocato difensivo di talento, è stato accolto con la banalità e la noncuranza con cui i media e la televisione abitualmente frullano le loro migliaia di notizie buone e cattive e poi ne prelevano qualcuna dal cappello magico al solo scopo di aumentare l'audience e di stimolare pericolosi pruriti.
Cosa ho fatto dopo? Ti elenco solo le principali cose che ho fatto per dare rilevanza non tanto al mio libro ma alla profonda ingiustizia che mi rendevo conto veniva perpetrata a tuo danno solo per esigenze mediatiche e di facciata.
1) Ho parlato con Carlo Lucarelli e gli ho chiesto di dare spazio nella sua trasmissione alla mia ipotesi, sostenuta, come dimostro, da insigni specialisti, ipotesi di morte naturale accidentale per il piccolo Samuele, un'ipotesi unica in tutto il panorama dei libri scritti su Cogne. Lucarelli ha letto la prima bozza del mio libro, l'ha definito molto molto interessante, ma, al dunque, senza darmi una spiegazione logica plausibile si è tirato indietro. Solo più tardi sono stata costretta a vedere, o meglio, a scoprire, per caso, entrando in una libreria, che i suoi ultimi libri sono firmati anche da Picozzi, il primo illustre incaricato di 'indagare sulla mente della Franzoni', che, senza fare assolutamente nulla di originale, si è limitato a pontificare sulla scorta della più vieta psichiatria in fatto di matricidi ( smentito ora dall'ottimo e documentato Mastronardi) e ad infangarla tout court.
2) Ho parlato con Tiziano Scarpa, che credevo un amico, perché avrei preferito pubblicare il libro con Einaudi anziché con Giraldi, non perché non stimi Cristiano Giraldi, ma semplicemente per avere una maggiore diffusione e una CONTRO INFORMAZIONE capillare come il caso meritava, dopo cinque anni di bombardamento mediatico incommensurabile (ahimè, con Giraldi devo dire, molto onestamente, che il libro, se non si ordina, non si trova da nessuna parte e ciò ha invalidato di molto il mio enorme sacrificio. ) Tiziano Scarpa, invece, fingendo di essermi amico, per quanto avesse già una volta scambiato la mia rasatura da chemio per un taglio alla moda, ha fatto lo stesso anche col Caso Cogne. Ha finto di dare il mio libro all'Einaudi per poi stroncarlo lui stesso con una sua trivialissima scheda di lettura, dove mi criticava demolendo 'solo le teorie mediche'. Scarpa, che fa lo scrittore o il poeta, non sapendo nulla né di aneurismi cerebrali infantili, né di vomito a getto, né di crisi epilettiche postraumatiche avvenute a seguito di una frattura all'occipite non esposta ( 'rilevata' nel mio libro solo dalla bravissima dott Pozzi da lui ignorata), si è messo a dire che i neurochirurghi portatori di una simile ipotesi erano dei 'giullari fantasiosi'. Già, lui, dall'alto del suo podio di neurochirurgo improvvisato poteva dirlo!
3) Ho cercato di parlare con Feltri, che per primo aveva profetizzato : 'La Franzoni sarà condannata perché è antipatica, non ci sono prove certe e non c'è nessun altro motivo valido per incarcerarla.' Ma anche Feltri, per quanto avesse promesso di parlarmi non mi ha mai ricevuto. Mi sono detta: lo farà perché io per lui sono la signora nessuno. No, non solo: egli predica bene ma razzola malissimo, visto che proprio le sue giornaliste preferite hanno pubblicato tutte le intercettazioni più assurde e il gossip più velenoso e mefitico sulla povera Franzoni rendendola appunto colpevole perché odiosa!
4) Sono andata da Belpietro e gli ho portato il libro in redazione prima che passasse a Panorama. Anche lui, per quanto fosse l'unico a credere nell'innocenza della Franzoni, non ha letto il libro e non mi ha dato la benché minima risposta.
5) Sono andata da Maurizio Zuffi, che è quello che, come rettifica così bene Mario Giordano sulla Stampa del 22/5, è stato il primo, a Studio Aperto, a fare un servizio sulla Franzoni. Mi ha promesso che, per l'uscita del libro avrebbe fatto fuoco e fiamme , ma poi ha detto che non gli piaceva più come si comportava la Franzoni da un punto di vista televisivo, insomma che era troppo cambiata e siccome era diventata antipatica anche a lui, alla fine mi ha detto di no.
6) Sono andata da quel gran bevitore di Andrea Pinketts. Riescono a farcelo vedere sobrio solo su L'Italia sul Due, alle due del pomeriggio, perché è sempre ubriaco e puzza di birra dalle 15 alle 9 di mattina. In tale stato, 'normalmente', presso le varie case editrici, a Milano, presenta i libri degli scrittori esordienti senza averli neanche mai aperti con buongrado e tolleranza di tutto lo staff editoriale italiano. Lo stimo anche io ormai solo un ubriacone che ha divertito i fessi negli anni ottanta con l'idiozia arguta dei suoi 'noir à bestia', ma cosa vuoi, Anna Maria, ero disperata, e io, facendo la scrittrice, conosco solo scrittori. Pinketts, probabilmente, commosso solo dalla mia magrezza ( è strambo nelle decisioni e fu fidanzato con una anoressica) mi disse di sì e mi fece addirittura ordinare i libri e fissare la serata della presentazione in un caffè letterario di via Solferino. Poi,a cose fatte e a libri spediti per la serata dall'editore, mi bidonò. Motivo? Dopo quattro anni di indagini non poteva uscire un'ipotesi del genere! Il libro, ovviamente, non l'aveva manco letto, anzi me ne aveva perse e richieste ben tre copie! Se questo è un intellettuale che va in TV tutti i giorni..
7) Scrissi allora indignata di Zolà sul caso Dreyfus come contraltare al disimpegno corrente dei miei conoscenti e amici intellettuali. M rispose indignato un tal Antonio Scurati, dicendomi di mandargli il libro al volo che lui non era né un disimpegnato né un pesce lesso. Difatti, dopo averlo letto non ne fece parola: ANCHE CON LUI CI FU UN SILENZIO TOTALE. Scurati è un'eminenza grigia che colleziona premi letterari per sé e per altri ed è entrato nel Gotha dell'isola dei famosi della scrittura italiana proprio per questioni di mantenimento di fama scrittoria ad oltranza come del resto fa il bevitore Pinketts con la TV.
8) Dopo un articolo sulla Gazzetta dello Sport uscito in concomitanza alla sentenza d'appello dell'aprile 2007 , Sandro Veronesi scrisse cose molto affini a quelle pubblicate sul mio libro e così lo interpellai, anche perché, molto prima dell'uscita del film 'Caos Calmo' avevo citato in Cogne: un Enigma Svelato, una pagina del suo romanzo che conteneva una definizione sulla 'gestione personale' del dolore di ciascuno, che molto si attagliava alla Franzoni. Volete sapere cosa mi ha risposto Veronesi? Che aveva qualcuno ammalato in famiglia e che non poteva venire a presentarmi il libro a Milano. Magari, più avanti a Roma? Neppure.
9) Di Vespa, di Costanzo, del business televisivo ulteriore me ne sono fregata, era deleterio. Della TV solo in La Sette ho cercato inutilmente di coinvolgere la persona con cui ho collaborato come redattrice del femminile Donna, quando lei era direttrice,la fantomatica Daria Bignardi. Ma per lei 'non era abbastanza chic' occuparsi di Cogne.
10) Allora ho parlato con Paola Savio, ultima avvocatessa tua e con lei ho avuto uno scambio di email a proposito di una scrittrice e docente universitaria americana del Connecticut, Ellen Nerenberg, che criticava il comportamento pesantissimo dei media e quello da 'processo alle streghe' della giustizia italiana soprattutto nel Caso Cogne, ormai di mondiale dominio. Le ho mandato anche il libro, che lei puntualmente non ha letto. Mi ha risposto che non aveva tempo e che lo avrebbe fatto leggere al medico della difesa Torre, grand'uomo anche lui, meraviglioso e inutile esperto. (Uno poi che si fa coinvolgere nel caso di Rosa e Olindo per difenderli, io, proprio non lo vorrei incontrare nemmeno per sbaglio!)
Quante altre ne ho fatte Anna Maria, quante ne ho dette, a quanti amici e colleghi mi sono rivolta, a quanti ho mandato il libro non lo ricordo nemmeno.
Una caterva di gente sproporzionata alle mie poche energie e poche forze.
Solo 'La Voce di Romagna' mi ha dato spazio, di recente, nella mia rubrica CRIMINI & TV. Lì ho potuto sostenere la tua provabilissima innocenza.
Ho saputo in questi giorni , che tu, fino all'ultimo, hai sperato che Dio illuminasse i tuoi giudici e i tuoi accusatori più accaniti.
Ma Dio l'aveva fatto Anna Maria, Dio aveva illuminato me e alcuni medici ancora onesti e integri, almeno nell'esercizio della loro professione...Tu, però, non te ne sei accorta. Sono stata l'unica a pubblicare la perizia molto abborracciata e prevenuta dell'illustre anatomopatologo di Cogne, il prof Viglino e le controperizie a quella, di gente più brava di lui, ma tu non ci hai fatto caso. Di tutti i libri pubblicati su Cogne lo so che il mio 'Cogne: Un Enigma Svelato' era solo uno dei tanti, però era MOLTO ILLUMINANTE, dal momento che sottoponevo al giudizio della comunità medica e scientifica italiana un'ipotesi diversa da tutte: quella di una morte naturale dimostrabile. Del resto, per i primi due giorni dopo il fattaccio, una brava dottoressa, la tua, ti aveva convinto della stessa cosa e tu le avevi creduto. Aveva ragione lei, la Satragni e torto tutti i paludatoni e i grilli parlanti venuti dopo.
Sono perfettamente consapevole Anna Maria della luce che portava il mio libro e di quanto sarebbe stata illuminante una vera inchiesta medica fatta a partire dalle sue premesse, inchiesta purtroppo caldeggiata solo da un'altra DONNA DI LUCE, Maria Rita Parsi, che questo propose INUTILMENTE dopo aver letto e recensito il mio libro, sulle pagine del Resto del Carlino.
Non ci posso e non ci ho potuto fare nulla se i tuoi avvocati si sono incartati in una falsa indagine, che la spocchia dei televisivi aveva inscenato per loro, o se la tracotanza degli inquirenti che l'hanno portata avanti, e se la pompa magna di una giustizia decadente e marcescente ha prevalso sulla nuda e umile idea di un'inchiesta medico-scientifica sul caso 'morte di Samuele' e non sulla tua mente sana.
Galileo fu processato, condannato e costretto ad abiurare solo perché diceva la verità.
Non è un caso isolato nella storia. Anche a te è successo. E adesso sei lì, dove in fondo chiedeva di essere la tua coerenza ineccepibile con quelle parole: " Meglio sana in carcere che pazza fuori" . Sei sana, sei innocente e sei in carcere, mentre io che sono andata a bussare per te a tutte le porte possibili e immaginabili mi sono ammalata di una malattia impronunciabile e crudele, sto chiusa dentro un ospedale e ho un futuro impossibile. A meno che la Grazia di Dio non mi restituisca ciò che ti ho dato , a meno che la sua Bontà non mi illumini, non metta luce nelle mie ferite come io l'ho messa nelle tue. Come io ho illuminato te portando amorevolmente la tua croce per un sacco di tempo, tu illumina me ora con le tue preghiere e rendimi almeno il senso dell'immenso sacrificio fatto.
E che L'Italia Intera, politici, pm, giudici, psichiatri, intellettualoidi, giornalisti e ballerine, che l'Italia imbastardita e involgarita e 'colpita al cuore' come diceva una volta De Gregori, l'Italia mai caduta così in basso come ora ( immondizia et Napoli docet), comprenda ciò che abbiamo fatto l'una per l'altra senza nemmeno conoscerci, solo per amore della giustizia e della verità, in cui crediamo e crederemo sempre.
Ciao, Anna Maria, io mi chiamo Maria Grazia, come vedi anche una parte del nostro nome è comune.
Maria Grazia Torri


SCRIVE AGNESINA POZZI, MEDICO E COAUTORE DEL LIBRO "COGNE, L’ENIGMA SVELATO". _____________________________________________________________________________________________________
Voglio controbattere alle affermazioni del Neurochirurgo Viglino, quale autrice "a latere" per alcune parti del libro COGNE, L'ENIGMA SVELATO (di Maria Grazia Torri, Ed.Giraldi, Bologna Aprile 2007. Libro scomodissimo e completamente censurato dai media).
1) Maria Grazia Torri, impossibilitata a controbattere a queste affermazioni perchè in pericolo di vita in ospedale, per la parte che riguarda il neurochirurgo e che lei ha riportato nel libro, NULLA ha aggiunto o sottratto allo scritto pubblicato su medforum dallo stesso neurochirurgo; ogni atto pubblicato risulta di pubblico dominio e quindi esente da qualunque millantato diritto d'autore. Sebbene medforum abbia chiuso i battenti, i file originali sono stati salvati da molti utenti di quel blog di allora e sono anche in possesso di numerose case editrici che consultarono il manoscritto originario; che doveva includere anche la stampa degli interventi sul forum. L'ultimo editore cambiò completamente l'impostazione originaria. Quindi ritengo poco nobile l'affermazione di "beneficienza" a favore di Maria Grazia Torri, che invece, insieme alla sottoscritta, autrice di una campagna stampa battente in internet, ha consentito al neurochirurgo di assurgere alla cronaca, dopo che era stato ignorato insieme al suo aneurisma, per anni. Gratitudine quindi e non "beneficienza"..
2) l'ipotesi di aneurisma, ad essere poi precisi, è stata per prima formulata dalla Dr.ssa Satragni; ipotesi subito messa in ridicolo dai media.
3) i rilievi che nelle fa il neurochirurgo, non sono affatto quelli presenti nel libro, molto ridotti. Egli per le sue ultime affermazioni, si è avvalso anche di intuizioni di altri colleghi. Ad esempio l'omissione dell'esplorazione anale fu a suo tempo espressa dal Dr. Claudio Sauro, sempre su medforum. Mentre altre affermazioni che lui fa, appartengono al commento all'Atto d'Accusa, pubblicato sul libro, a firma congiunta della sottoscritta e dell'autrice del libro,nonchè ad altre discussioni in internet.
4) Nel libro, COGNE L'ENIGMA SVELATO, che il neurochirurgo ingiustamente non cita, la cosa interessante non è affatto il probabile aneurisma (ipotesi Satragni) in quanto lo stesso neurochirurgo si recò a Cogne (subito dopo la famosa trasmissione col plastico di Vespa, parlò con la famiglia Franzoni-Lorenzi) che non venne assolutamente preso in considerazione dai diretti interessati; inteessanti e del tutto nuovi e forti, e anzi scomodissimi, sono i rilievi sconcertanti sulla dinamica fratturativa; rilievi che non ha certo fatto il neurochirurgo. Le conclusioni cui giunge Viglino non coincidono nel modo più assoluto con i rilievi che egli stesso fa al tavolo anatomico.
5) I dettagli più interessanti sono nel libro, che esorto a leggere, non certo per un presunto "beneficio economico" dal momento che all'autrice in questo momento gioverebbe la salute e non il guadagno; ma per capire che forse i giudici sono tratti in inganno dagli stessi loro periti e non bisogna attaccare loro, ma certi nostri colleghi forse troppo superficiali o forse, francamente incompetenti.
Distinti saluti
Agnesina Pozzi, Medico


COGNE
Polemica Migliaccio - Viglino dopo l'analisi del neurochirurgo: "Samuele è morto di cause naturali".
di Giovanni Migliaccio
(Specialista in Neurochirurgia Consulente Tribunale di Milano Dirigente U.O. di Neurochirurgia) _____________________________________________________________________________________________________
Come tutti, ho appreso la notizia dell'arresto di Anna Maria dalla televisione. Ne sono profondamente rammaricato. Era scontato! La Magistratura non poteva farci una figuraccia di fronte al mondo intero. Ma, se permettete, di questo epilogo anche i "Franzoni" sono responsabili.
L'unica strada che avrebbe sconfessato giudici ,RIS, psichiatri, criminologi e varia umanità era quella della morte naturale. Sostenerla da parte loro avrebbe, a mio parere, sicuramente portato la Cassazione a richiedere nuove prove. “Se la stessa interessata non crede alla morte naturale, sicuramente, nel suo intimo, sa di esser stata lei”, così avranno pensato i giudici e, tutto sommato, non si può dar loro torto!
Non hanno prove materiali, avevano, a tal fine, la prova inconfutabile di una autopsia fatta tanto per farla, avevano la prova che Anna Maria in questi 6 anni ha vissuto come una donna e madre esemplare, ma dovevano darla in pasto all'opinione pubblica per salvare la reputazione delle Istituzioni ed evitare, in caso di riconosciuto errore giudiziario, un risarcimento plurimilionario. Insomma un po' i Lorenzi-Franzoni se la sono cercata loro stessi questa conclusione!
Io continuo a ritenere che un delitto,si, è stato commesso: è stata uccisa la giustizia! Non è il primo nè sarà l'ultimo:a Firenze viene assolto, dopo anni di gogna, sospetti e illazioni, perchè IL FATTO NON SUSSISTE il maggior indiziato come mandante per i delitti del Mostro;a Gravina hanno arrestato,messo alla gogna un innocente che avrebbe passato il resto della sua vita in galera se i corpicini dei figli non si fossero mai trovati,a Garlasco non riescono a trovare un colpevole,come a Perugia.
L'assassino della ragazza di Roma di tanti anni fa (Simonetta Cesaroni se non ricordo male) è ancora libero come quello della contessa Filo della Torre. Fenaroli e Ghiani hanno passato la vita in galera e poi si è scoperto (e riferito dai nostri liberi giornalisti, in sordina,) che ad uccidere la moglie furono i servizi segreti. Per non parlare di Enzo Tortora.
La Franzoni ha ucciso il figlio? Bisognava allora condannarla all'ergastolo. E' stata invece libera per 6 anni, ha cresciuto due figli, ha condotto una vita normale senza un minimo cedimento, è stata ridotta la pena da 30 a 16 anni senza che il PM facesse una piega, è stata riconosciuta sana di mente e lo ha dimostrato in questi anni (con buona pace dei criminologi e degli psichiatri che avevano predetto la sua confessione nel giro di un mese).
Il bimbo è morto almeno due ore dopo l'evento, ma si è dato credito all'ora della morte stabilita dal Medico Legale nonostante l'ora del decesso sia stata segnalata in una Struttura Pubblica, l'Ospedale di Aosta. Le lesioni riscontrate sul cadavere sono compatibili con una devastante emorragia cerebrale da cause naturali. Il medico legale non ci ha neanche pensato! L'autopsia è stata incompleta e quindi quasi una formalità, dando già per scontato il risultato prima di iniziarla. Infatti, per esempio, non è stata eseguita alcuna indagine sulle regioni sessuali del piccolo Samuele per ricercare o escludere una violenza sessuale da parte di un ipotetico mostro: non era necessario, era stata la madre perchè..............perchè?
Sono molto addolorato e non posso che augurare ad Anna Maria di non diventare veramente pazza!
E' stato pubblicato un libro da parte di una giornalista senza il mio permesso accaparrandosi i diritti di autore. Non importa! Se ha avuto qualche vantaggio economico, lo considero come mia beneficenza nei suoi confronti. Qui di seguito riassumo i punti secondo i quali ritengo possibile la morte naturale, della quale sono convinto pienamente, ma allo stesso tempo, e già da tempo,sono pronto ad ammettere di aver preso una cantonata, a patto che la cantonata venga seriamente dimostrata.
Mi sento in dovere sia come cittadino che come medico,di rendere noto quanto appunto è venuto a mia conoscenza e le deduzioni conseguenti, dopo la lettura della perizia necroscopica sul cadavere del bambino Samuele Lorenzi, per la cui morte, ritenuta da causa violenta, è stata definitivamente condannata in I°grado la sua mamma.
Leggendo infatti attentamente la perizia necroscopica e,visionando il materiale fotografico, non posso non rilevare che in essa vi sono moltissime contraddizioni ed errori di valutazione che ritengo fondata la convinzione che il piccolo sia realmente morto per cause naturali, cioè a seguito di una imponente quanto improvvisa e violenta emorragia cerebrale,a seguito della rottura di un aneurisma,e/o di una malformazione vascolare congeniti.
Gli elementi che non convincono sono molti:
1) Si dice che il piccolo sia stato colpito in regione frontale con 17 colpi ad opera di un arnese largo e pesante! Mi chiedo: come è possibile contare 17 colpi sul capo di un bimbo di tre anni? Il numero di colpi inferti su un corpo si possono contare sul torace, sull'addome, ma non sul cranio
2) A una prima ispezione del cadavere, ictu oculi, non si sono evidenziati lesioni di alcun genere: lo sfondamento del cranio in regione frontale provoca la frattura della base cranica anteriore che si esprime esternamente con un'enorme tumefazione del viso e degli occhi, definita come occhi da procione, patognomonica appunto di frattura della base cranica anteriore.
3) La regione della base cranica anteriore, in ogni sua parte, (tetto orbitario, etmoide, sfenoide)risulta perfettamente integra.
4) In nessuna altra parte del corpo, dalle sopraciglia in giù fino ai piedi, non c'è ombra di una pur minima lesione: è mai possibile che chiunque l'abbia colpito con violenza e in preda ad uno stato psichico quanto meno alterato neanche per sbaglio abbia colpito sul torace sulle spalle sull'addome? E' vero il prof.Viglino segnala delle escoriazioni sul 3° e 4° dito della mano destra, diagnosticandole come effetto del tentativo di difendersi dall'aggressore. Ma ragioniamo un attimo: istintivamente chi sta per esser colpito al capo tende a coprirsi, a difendersi con entrambe le mani, non con una sola!
5) Anche l'ipotesi che il piccolo fosse tenuto fermo per poterlo colpire ripetutamente solo sul capo, non è sostenibile perché si sarebbero dovute riscontrare sul corpo i segni delle mani che lo avrebbero trattenuto
6) Le ferite cutanee sul cuoio capelluto per la maggior parte sono dell'ordine di pochi centimetri di lunghezza e pochi millimetri di profondità.Quale arnese mai ha potuto provocare tali lesioni? Esse sono spiegabili non come l'effetto di un corpo contundente (che ne avrebbe procurate di ben maggiori dimensioni), ma come l'esito della trazione che l'osso fratturato,affondandosi, esercita prima sul periostio, quindi sulla galea, poi sul sottocute e quindi sulla cute(i tre strati di tessuto molle esistenti fra il cuoio capelluto e l'osso cranico)
7) L'esame necroscopico ha evidenziato una emorragia intraventricolare e una emorragia subaracnoidea, senza tracce di ematomi extradurale e/o sottodurale: questi ultimi generalmente tipici delle lesioni traumatiche, mentre l'e.s.a.(emorragia sub aracnoidea) è tipica della rottura di lesioni vascolari. Esiste, si, una e.s.a. post traumatica, ma con caratteristiche del tutto diverse.
8) Il piccolo è morto circa due ore dopo l'evento: se avesse ricevuto tutti quei colpi sul cranio, sarebbe morto all'istante. Non è possibile sopravvivere oltre pochi minuti dopo aver subito 17 colpi sul cranio!
9) E ancora: il medico del 118 non avrebbe potuto trasportarlo se ne avesse constatato la morte
10) La stessa perizia esclude che le lesioni abbiano potuto creare spruzzi di sangue a distanza come sono stati rinvenuti attorno al corpicino e sulle pareti della stanza. Esatto! Infatti gli spruzzi a distanza non possono che essere riferibili al cosiddetto vomito a getto tipico dell'ipertensione endocranica, ed è più che ovvio che se il sangue, misto a vomito, ha sporcato soffitto, pareti, comodino, abat-jour ecc abbia anche sporcato il pigiama, tra l'altro ripiegato sul letto. Anche le fantasiose perizie sulla "dinamica" di ricaduta del sangue affermano che le caratteristiche delle gocce sul pigiama sono tipiche appunto della goccia che cade dall'alto.
11) Quanto detto al punto precedente esclude completamente l'ipotesi dell'omicidio per due motivi:
· a)l'eventuale assassino estraneo non aveva né il tempo né un motivo razionale per indossare il pigiama della donna; quand'anche l'avesse fatto nel toglierlo le forme delle macchie di sangue si sarebbero modificate;
· b) se a indossare il pigiama fosse stata la madre, si sarebbero dovute riscontrare analoghe macchie di sangue quanto meno sia sul volto che sui capelli di lei stessa
12) L'altra fantasiosa teoria che vorrebbe spiegare le macchie di sangue a distanza come "effetto pozzanghera" dovuto all'arnese-arma del delitto che colpisce-intinge-spruzza scaturisce dall'incompetenza scientifica ed anatomica: bisognerebbe ammettere che il cranio si sia riempito di sangue come una bacinella, il che contrasta con la fisiopatologia dei traumi cranici, con l'anatomia e… con la logica. E nessun arnese, in grado di spaccare il tavolato osseo, è morbido come un pennello...
13) Le fratture affondate riscontrate non sono che la conseguenza di trauma cranico a seguito di crisi epilettica insorta a seguito dell'emorragia. La dinamica può essere questa: si verifica il sanguinamento della malformazione con immediato inondamento ventricolare e degli spazi subaracnoidei,(spazi situati tra un solco cerebrale e un altro) da qui l'irritazione della corteccia provoca la crisi epilettica generalizzata (che può essere della durata anche di alcuni minuti), nel corso della quale crisi il cranio ripetutamente "sbatte" contro il muro o contro il letto e si verificano le fratture.
14) Si afferma che la prova inoppugnabile della morte per omicidio sia il corpicino coperto dal lenzuolo come ultimo atto di pietà. Se il bimbo, come ritengo, è stato in preda a una violenta crisi comitiale risulta convincente che, al termine di essa, il lenzuolo possa esser ricaduto sul volto e corpo del piccolo. Qualcuno afferma che il lenzuolo sia stato ben ripiegato: l'eventuale assassino col poco tempo a disposizione non avrebbe perso tempo a "sistemare" il letto.
15) Un'altra prova inoppugnabile di colpevolezza della Franzoni sarebbero gli zoccoli o pantofole sporchi di sangue perchè dalla stessa indossati al momento del fatto delittuoso. Come è possibile? Se si ammette, come si ammette da più parti, che l'assassino ha colpito stando in ginocchio sul letto di fronte al bambino e, tenendo conto che in tale posizione i piedi sono coperti, oltre che dal corpo intero, in modo particolare dalle gambe e si trovano appoggiati e "affondati" sul piano del letto, come si può pensare che si siano sporcati di sangue in quel frangente? Si deve pertanto dedurre che gli zoccoli erano nella stanza non indossati e si sono sporcati come si sono sporcati gli altri oggetti
16) L'evento, su cui vaneggiano ancora i periti, di un ossicino della teca cranica che è "volato" a distanza, deriva dal fatto (che i periti non conoscono) che nelle fratture craniche, soprattutto nei bambini , si trovano "sminuzzamenti" dell'osso che quindi, a seguito dell'ingravescente aumento della pressione all'interno del cervello (che si trova in un ambiente chiuso ed inestensibile), puo' venir schizzato a distanza, esattamente come il vomito. 17) Nella perizia necroscopica assurdamente si dichiara che lo stato di coma valutato con la scala CGS (Coma Glasgow Scale) e risultato=3, consente la diagnosi di morte:
Non è così! Sappiamo bene che la diagnosi di morte viene accertata con altri parametri e per un certo periodo di tempo (EEG,EKG ecc.). Dal coma, anche con punteggio = a 3, si può uscire.
18) Nella perizia viene affermato anche che il bimbo era già morto quando sono arrivati i soccorsi perchè, (e sarebbe una prova inoppugnabile)quando il medico del 118 ha introdotto nel cavo orale la tipica cannula detta di Guedell per favorire la respirazione, non vi è stato il riflesso della tosse! E' assurdo: in un paziente in coma profondo non è possibile evocare il riflesso della tosse!
19) Nel rapporto del Pronto Soccorso di Aosta l'ora del decesso viene segnalata alle 09.47
20) Non risulta che sia stato fatto un esame istologico dei vasi del circolo di Willis, (la zona vascolare arteriosa dove vi è maggior frequenza di malformazioni) o di altri distretti vascolari, attraverso il quale si sarebbe potuto evidenziare l'eventuale alterazione delle pareti di uno o più vasi arteriosi.
21) Un altro elemento importantissimo che avrebbe dovuto consigliare la revisione del processo è l'incompletezza, tra le altre, dell'esame autoptico. Infatti, per esempio, la regione perineale non è stata nemmeno presa in considerazione per quanto meno escludere una ipotetica violenza sessuale su Samuele.
Rimango esterrefatto come quelli soprattutto che dovrebbero avere a cuore la volontà della verità e della giustizia, come se tutti fossero presi da una forma di condizionamento collettivo, non si siano soffermati per un solo istante a voler prendere in considerazione, l'eventuale ipotesi alternativa alla morte violenta del piccolo Samuele.
Mi sia consentito anche di sfiorare gli aspetti psichiatrici e psicologici poiché ritengo che gli psichiatri soprattutto, per la stessa natura della loro disciplina, devono tenere conto di mille variabili del comportamento umano, alcune delle quali sono senz'altro il confronto con personalità analoghe, la considerazione delle caratteristiche espressive di un carattere, la valutazione e il confronto delle analogie e via dicendo; è mai possibile che sfugge il comportamento anomalo e cioè del tutto consono con i parametri della normalità della signora Franzoni?
Non vi è, nella storia criminale di tutti i tempi, riscontro di madri infanticide che, in un lasso di tempo più che breve, non abbiano confessato il loro misfatto dimostrando tutta la loro patologia e il loro dramma.
E' mai possibile che questa donna, la signora Franzoni, non dimostri un minimo cedimento psichico, che in oltre sei anni non si sia ritrovato e non si ritrovi nei suoi comportamenti, qualcosa di anormale?
E non mi si venga a raccontare la storiella dello sdoppiamento di personalità e della rimozione dell'accaduto! : una personalità è doppia per tutta la vita e non la si può nascondere!
E, ancora, come si fa ad asserire che la Franzoni uccide in preda a un raptus e, allo stesso tempo,organizza l'alibi, accompagnando l'altro figlio alla fermata dello scuolabus? Delle due l'una! No?
Ho appreso che i Magistrati inquirenti hanno verbalizzato, oltre alla registrazione della telefonata al 118,che qui trascrivo, anche la testimonianza della centralinista che probabilmente è stata o verrà considerata dai nostri illuminati Giudici come una valutazione psicologica attendibile di una "vera" esperta.

(L’allegato)
LA TELEFONATA DI ANNA MARIA FRANZONI AL 118, 16 Novembre 2005
(Ansa)
Ecco la trascrizione della telefonata fatta da Anna Maria Franzoni alle 8.28 del 30 gennaio 2002 al servizio di soccorso 118 per chiedere aiuto mentre il figlio Samuele era in un lago di sangue nella villetta di Montroz.
Centralino. "Pronto".
Franzoni: "Ascolti mio figlio ha vomitato sangue e non respira, abito a Cogne"
Centralino: "Un attimo che le passo subito ..."
Franzoni: "Fate presto, la prego" (musica d'attesa - tratta da "Le quattro stagioni" di Vivaldi - per alcuni secondi) Operatrice: "Pronto"
Franzoni: "Mio figlio ha vomitato sangue, venga subito"
Operatrice: "Allora, no, con calma (Annamaria urla e la sua voce si sovrappone) devo avere l'indirizzo, abbia pazienza"
Franzoni: "Abito a Cogne"
Operatrice: "Il numero di telefono (...). Ecco, Cogne dove?"
Franzoni: "Frazione Montroz"
Operatrice: "Con calma ... Monrò?"
Franzoni: "Cosa devo fare?"
Operatrice: "Numero civico?"
Franzoni: "Ooh ... eeh ... la prego, sta male!"
Operatrice: "Signora, con calma perché non risolviamo niente. Allora, Monrò?".
Franzoni: "Numero 4 A. E' già venuta stanotte perché stavo male io. Vi prego, aiutatemi, non respira ... (respiro affannoso, urla incomprensibili)"
Operatrice: "Subito ... Signora, abbia pazienza, è Montroz o Monrò?"
Franzoni: "Montroz".
Operatrice: "Ecco. Numero?" Franzoni: "Oh, mamma mia. 4 A".
Operatrice: "4 A. Signora, allora suo figlio quanti anni ha e come si chiama?"
Franzoni: "Tre anni, Samuele".
Operatrice: "Di cognome?" Franzoni: "Lorenzi (interferenza telefonica). La prego, sta malissimo".
Operatrice: "Signora, intanto se vomita non lo tenga ..."
Franzoni: "E' tutto insanguinato, ha vomitato tutto il sangue. Non respira ...".
Operatrice: "Arriviamo subito, signora"
Franzoni: "Grazie"
Operatrice: "Mi lasci solo il telefono libero perché se no ..."
Franzoni: "Sì, sì, sì, arrivederci".

L'operatrice, Nives Calipari, ha fatto mettere a verbale (il 24 febbraio 2002) che "anche per vicende più banali sono abituata a sentire persone che vengono prese dal panico e non sanno dare precise indicazioni sui nomi delle persone, sugli indirizzi, sui numeri di telefono o altro. La Franzoni, invece, mi ha risposto con lucidità".
Spero che la gentile centralinista non venga considerata una esperta in psicologia telefonica, ma… considerando gli esperti che si sono occupati del caso………
Quindi, secondo la centralinista,ormai da considerarsi veramente una esperta in una nuova disciplina quella di psicologia telefonica, (chi sarà il Rettore?, il prof. Crepet o il prof.Bruno?) chi è veramente preso dal panico per un caso drammatico non è in grado di comunicare all'ambulanza il proprio domicilio, per cui in casi del genere cosa succede? I soccorsi non devono arrivare perché, se arrivano all'indirizzo correttamente indicato, si rischia di essere accusati di omicidio…
Amaramente concludo chiedendo agli esperti seri : Per la signora Franzoni, dove sono le prove oggettive che possano far porre diagnosi di personalità schizoide?
Nessuna personalità nè psicopatica nè criminale rimuove veramente il momento di un misfatto e poi di tale gravità! Può mentire ma non rimuovere il ricordo. E il ricordo di un efferato omicidio pesa su comportamenti e personalità ogni giorno, ogni minuto! E nascondere una verità di tal tipo per così lungo tempo non è possibile, neanche per le personalità più disturbate.
L' ipotesi della morte naturale è stata ritenuta e continua a ritenersi assurda, ma quali sono gli elementi clinico-scientifici che sostengono tale assurdità?
Nella mia prima relazione concludevo così: “Spero che il destino di Anna Maria Franzoni non sia nelle mani di un carabiniere e di una centralinista, oltre a quelle in cui, purtroppo, già è!”
Oggi vana speranza!
Dott.Giovanni Migliaccio
Dirigente U.O. Neurochirurgia Ospedale Fatebenefratelli – Milano.


L'INTERVISTA _____________________________________________________________________________________________________
Dottor Migliaccio, stando alla sua teoria, potremmo trovarci davvero davanti ad un madornale errore giudiziario. Secondo lei, ora che la Franzoni è in carcere, cosa sarebbe giusto fare?
"Ritengo che sarebbe giusto riaprire il processo perché dalla tesi della morte naturale, scientificamente sostenibile, possono scaturire quegli elementi di prova da giustificare la revisione del processo".
Come mai la sua teoria, eccezion fatta per il libro di cui ci ha accennato, non è uscita prima da nessuna parte?
"In realtà non è così. Ho iniziato a scrivere queste cose in un forum di medici (medform.it), ora non più attivo, già nel 2003. Avevo inviato le mie considerazioni praticamente a tutte le testate giornalistiche italiane, ma c'è stata solo una prima intervista pubblicata da Grand Holtel ed in seguito dal quotidiano di Varese "La Prealpina", fino ad arrivare a dicembre 2005, quando il Tg5 delle 20.00 ha mandato in onda una mia intervista rilasciata a Paola Palombelli. Infine, il 27 aprile del 2007, una giornalista di libero, Cristiana Lodi, ha riportato quanto scritto nel libro".
Che tipo di rapporto ha con la famiglia della signora Franzoni?
"Ho telefonato al signor Mario Lorenzi, suocero della Franzoni esprimendogli il mio dispiacere per l'esito della cassazione, precisando però, che secondo me si è giunti a tanto proprio perché non è stata cavalcata l'ipotesi della morte naturale. Mi è stato risposto, che molto probabilmente è stato commesso un errore giudiziario, ma che per loro la mia tesi della morte naturale non era percorribile".
Vuole dire qualcosa in merito alle affermazioni che il professor Viglino ha fatto su di lei?
"Quanto da lui affermato fa intravedere una scarsa mentalità scientifica, perché in casi come questi, si discute con i colleghi piuttosto che insultarli; definirmi folle senza darne motivazioni precise, forse, sta a significare che egli ha una scarsa propensione a confutare le altrui ipotesi. Io non sono certamente la bocca della verità; rimane però un inquietante interrogativo del come mai l'ipotesi della morte naturale, non sia stata messa al vaglio della comunità scientifica".


L’APPELLO _____________________________________________________________________________________________________
Un appello per la scarcerazione di Anna Maria Franzoni viene da Liberazione, il quotidiano di Rifondazione Comunista, che chiede la grazia per la donna. Sarebbe "bello e saggio" - si legge sul giornale di Sansonetti - se il ministro della Giustizia avviasse le pratiche per la grazia e il presidente Napolitano poi la controfirmasse.
"Noi non sappiamo - scrive Liberazione - se Anna Maria è colpevole o innocente, ma ora dovrebbe prevalere un sentimento di pietà, di solidarietà. Non è un sentimento ignobile, anche se negli ultimi anni, mesi e giorni, tutti stanno cercando di convincerci di questo".


LA RISPOSTA DEL CRIMINOLOGO BRUNO _____________________________________________________________________________________________________
Il criminologo Francesco Bruno contesta la proposta di "Liberazione", il quotidiano di Rifondazione Comunista, che ha chiesto gli arresti domiciliari o addirittura la grazia per la Franzoni. "Così - dice in un'intervista al sito papanews.it - cadiamo nel paradosso. Se si adopera questo criterio buonista con la Franzoni, a maggior ragione lo si dovrebbe utilizzare per Bruno Contrada". Del resto già ora, denuncia, "si stanno impiegando due pesi e due misure nei confronti della Franzoni e di Contrada, e ciò non è moralmente giusto. E' evidente che in questo Paese piaccia di più, per motivi ideologici, che sia recluso un servitore dello Stato e non una madre che ha ucciso il figlio". "Personalmente - conclude il prof. Bruno - ritengo che Contrada si sia sempre adoperato in difesa della Repubblica e dei cittadini italiani. Tuttavia, la sinistra sposa la causa della mamma Franzoni e non quella del funzionario Contrada: come dicevo prima, due pesi e due misure".
Pazzesco che la morte più vivisezionata degli ultimi anni, la più esaminata, la più discussa, quella su cui si sono appuntate le attenzioni perfino più morbose degli italiani e dei Vespa, che vi hanno inzuppato voluttuosamente il biscotto, risulti essere – come dimostrano oggi i fatti – ancora un caso aperto, nonostante una sentenza di Cassazione.
E non per le parole di un mitomane o di Barbara Palombelli, ma per le osservazioni precise, puntuali e ragionate di un tecnico come il neurochirurgo Giovanni Migliaccio, che in un’analisi meticolosa in 21 punti smonta il castello accusatorio che ha portato alla condanna di Anna Maria Franzoni, suggerendo l’ipotesi della morte di Samuele per cause naturali.
Dalle parole di Migliaccio quanto meno si capisce che gli esami sul cadavere e l’autopsia sono stati fatti con superficialità e approssimazione, guidati da una tesi già costituita, e cioè che Anna Maria Franzoni fosse colpevole, a prescindere. Allo stesso modo si sono mossi gli esperti e i periti che hanno lavorato sul caso, dai Ris di Parma ai tecnici della procura agli psicologi. Tutta gente che, stando all’analisi di Migliaccio, ha ignorato dati, sottovalutato dettagli, escluso ipotesi alternative ma altrettanto plausibili, trascurato incongruenze.
Ipnotizzati dal plastico visto a Porta a Porta, dagli zoccoli e dal pigiama, gli inquirenti hanno preferito alimentare il mito della madre omicida anziché vagliare meglio i fatti, lisciando il pelo all’ipotesi più suggestiva anziché cercare di confutarla.


LA CONTRO INTERVISTA _____________________________________________________________________________________________________
Professor Viglino, il dott. Giovanni Migliaccio ha esposto una teoria ben precisa che farebbe presupporre ad una sua mancata accuratezza nell'eseguire l'esame autoptico di Samuele. Vuole dire qualcosa a riguardo?
"Non ritengo di dovermi giustificare in alcun modo".
Non ritiene, dunque, opportuno rispondere alle critiche che le sono state mosse?
"Più che altro non intendo dare il via ad un "botta e risposta" con il dottor Migliaccio. Posso dirle semplicemente che si tratta di un medico, che come tanti, va in cerca di visibilità. Ricalca la tesi dell'aneurisma al cervello. In realtà è una persona che non conosce i fatti e le sue attestazioni non hanno alcuna base scientifica. Un folle, forse più folle della madre che ha ucciso il bambino".
Domanda: mi pare di capire che lei è assolutamente certo della colpevolezza di Annamaria Franzoni, o sbaglio?
"Non si tratta di essere colpevoli o meno. In realtà è tutta la famiglia ad avere una parte di colpa. Tutta la famiglia ha fatto sì che Annamaria Franzoni, dopo quanto aveva fatto, potesse vivere per così dire "serenamente".
Domanda: Che sentimento le suscita Annamaria Franzoni?
"Pietà. Sento pietà perché questo è l'omicidio di una persona alterata psichicamente; è un delirio della miseria umana e in quanto tale va trattato per forza di cose con una certa pietas".
Domanda: cosa ne pensa del clamore dei media attorno al caso di Cogne?
"Lei è un giornalista e saprà bene che molto spesso la deontologia professionale non viene rispettata. Si fa di tutto per guadagnare audience: solo in un paese come il nostro queste cose hanno spazio.


LE CONCLUSIONI _____________________________________________________________________________________________________
Il caso di Annamaria Franzoni è ormai chiuso. Tuttavia, basta sfogliare le pagine di qualsiasi giornale per capire che sono in molti ad avere ancora dubbi e perplessità. Giustizia è stata fatta, o in questo caso la giustizia è solo un’illusione? L’opinione pubblica, come spesso accade, è divisa a metà. Da una parte gli innocentisti, che ancora esprimono il loro affetto ad Annamaria, dall’altra i colpevolisti, che come me, hanno gridato: Madre assassina, vergogna! Voglio sperare che la donna, per la quale si sono aperte le porte del carcere, sia davvero colpevole perché, in situazioni come questa, un errore giudiziario sarebbe imperdonabile. Riporto, per amor di cronaca, quanto scritto dal dottor Giovanni Migliaccio neurochirurgo dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano (e quì già trascritto, al punto 4, nel paragrafo delle 21 tesi da esso stesso sostenute):
"Considerazioni che mi hanno impedito di dormire serenamente dopo aver scritto ieri: Basta, un po' di pietà per la Franzoni". “In nessuna parte del corpo del piccolo Samuele, dalle sopracciglia in giù fino ai piedi, non c’è ombra di una pur minima lesione: è mai possibile che chiunque l’abbia colpito con violenza e in preda ad uno stato psichico quanto meno alterato neanche per sbaglio abbia colpito sul torace, sulle spalle, sull’addome? È vero che sono state segnalate delle escoriazioni sul 3° e 4° dito della mano destra, come effetto del tentativo di difendersi dall’aggressore, ma ragioniamo un attimo: istintivamente chi sta per esser colpito al capo tende a coprirsi, a difendersi con entrambe le mani, non con una sola!”
Laddove ieri avevo certezze, oggi ho dei dubbi.
"Mio figlio ha vomitato sangue....fate presto vi prego", con queste parole la Franzoni il 30 gennaio 2002 chiama il 118, da queste parole forse era possibile farsi la domanda giusta: “Di che cosa è morto Samuele?”. Dice Antony Jay: “Per capire che una risposta è sbagliata non ci vuole un’intelligenza eccezionale, ma per capire che una domanda è sbagliata ci vuole una mente creativa".
La domanda forse sbagliata che sempre tutti ci siamo fatti è stata: “Chi ha ucciso Samuele?”. Lasciamo perdere il fatto che non sia stata trovata l’arma del delitto; che non ci sia il movente; che la Franzoni abbia avuto un’espressione gelida e assente; che la "negazione psichica" dell'atto commesso sia quasi impossibile. Concentriamoci su alcuni aspetti quali il vomito, il cranio sfondato e gli spruzzi alle pareti. Sapevate che il sintomo di un’ipertensione endocranica è il vomito a getto: Un getto che può sporcare anche le pareti? Che un altro aspetto sequenziale all’ipertensione endocranica è l’attacco epilettico? Che in un attacco epilettico il paziente perde coscienza cade a terra tremando e dimenandosi come se fosse indemoniato? Potrebbe essere che la dinamica della frattura cranica possa essere stata la comparsa di una violenta crisi epilettica causata da un’emorragia cerebrale dovuta a sua volta da una malformazione vascolare?
L’esame necroscopico ha evidenziato un’emorragia intraventricolare e subaracnoidea - presenti nelle lesioni vascolari cerebrali - senza tracce di ematomi extradurali e sottodurali tipici delle lesioni traumatiche. Nel libro di Maria Grazia Torri “Cogne: un enigma svelato” molte di queste supposizioni sono state prese in considerazione e ho imparato, nelle esperienze della vita, a non credere nell’infallibilità della scienza e degli esperti. Ogni perizia non è un dogma, ma dovrebbe essere valutata e rivalutata per potersi avvicinare sempre di più alla verità.


L’AMAREZZA _____________________________________________________________________________________________________
Caro Samuele, ora devi riposare in pace.
Forse, è finita la tua lunga agonia. Sei morto apparentemente il 30 gennaio del 2002. Ma quel momento terribile, al quale nessuno ha assistito, tranne l'assassino, è stato l'inizio di un dramma; di uno psicodramma. Ora la tua mamma dovrà scontare una pena lunga in carcere, sedici anni. Lei continua a dirsi innocente e tu, povero Samuele, sei l'unico a sapere esattamente come sono andate le cose.
I giudici non hanno dubbi, anche se le prove, come spesso succede nel nostro Paese, non sono così evidenti come tutti vorrebbero. Oggi ti scrivo non per giudicare tua madre, che dentro di sé, forse, conosce la verità. Ti scrivo perché il tuo nome, in questi anni, è risuonato spesso, ma assai di rado si è parlato davvero di te, della tua infanzia rubata, stroncata, del tuo pianto, della tua gioia, della tua innocenza.
Per me è davvero difficile immaginare che una persona estranea alla famiglia, in un paesino come Cogne, possa aver desiderato la tua morte. Perché? Perché mai? Qui mi fermo, però, sapendo che da questo momento in poi ricomincerà la saga, il rito televisivo, la ricostruzione delle tante tappe del processo e dei processi al processo.
Io spero che tu non veda e non senta nulla; che almeno tu abbia trovato pace; che la tua morte terrena sia giunta all'improvviso, senza avere il tempo di capire, di sgranare gli occhi per l'incredulità e che la pace sia con te; che tutti ti lascino riposare in pace.
La verità è un bene che nessun uomo possiede e proprio per questo la legge considera innocente un imputato fino a prova certa e lo considera colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio. L’oltre ogni ragionevole dubbio costituisce il presupposto logico della condanna, il superamento della presunzione di non colpevolezza. L’oltre ogni ragionevole dubbio è lo strumento che la magistratura ha per operare in uno dei più difficili campi della vita e della società. La domanda più appropriata, in questo caso, sarebbe: "I dubbi sono stati tutti superati?"

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