
Le Radici della Rabbia
Un Viaggio tra la disperazione e l'orgoglio di vivere

Tibnit
L'intervista
Yussuf, 48 anni, combattente Hezbollah ( Hizb'Allah: Il partito di Dio), guerigliero da quarant'anni, sposato e vedovo.
Ci incontriamo nella sua casa di Tibnit. Poche cose: Un tavolo e due sedie che sicuramente hanno conosciuto tempi migliori.
"Benvenuto nella mia casa. Che Allah ti protegga".
E' gentile. Occhi scuri come tizzoni e denti consumati dal tabacco. Mi offre una tazza di té e mi fa accomodare
per terra, vicino l'ingresso. L'aria è ferma, calda e polverosa. Mi indica il Kalashnikov e sorride. In questa regione
un fucile automatico in buone condizioni, quale sembra essere quello di Yussuf, costituisce un piccolo tesoro.
Ha valore. Mi mostra alcune granate e tante ciocche di capelli. Piccoli ricci di pelo legati da tanti nastrini.
Mentre sto fantasticando su questi "strani" trofei", ecco apparire come dal nulla fotografie, sbiadite, dei suoi tre
bambini: Ahmed, Rashid e Haféz. Si fa serio e bacia le foto mentre, istintivamente, stringe il calcio del fucile.
Fuori, il rumore di un generatore fa da sottofondo al silenzio di questo "deserto pietroso".
Apparentemente siamo soli, ma mille occhi ci stanno osservando. Mille occhi armati. Mi sfiora il braccio e avvicinandosi
alle fotografie le bacia in angoscioso e religioso silenzio. Sono morti. Lo osservo e dopo un lungo sospiro inizia il suo
racconto.
"Ero là quando gli israeliani hanno invaso la mia terra; l'hanno occupata giudicandola buona per i loro figli.
Dopo sono tornati a intermittenza; ondate su ondate di nuovi conquistatori che entrando ed uscendo dalle nostre case,
si sono appropriati anche della nostra povertà. Per noi questa terra non è un luogo di conquista, ma il tempio dove
risiedono le nostre radici, mai dimenticate e da sempre dateci da Dio".
Stringe fra le mani un rosario ambrato e mentre recita una delle cinque preghiere giornaliere,
si asciuga il sudore.
"Non ha alcuna importanza la promessa Biblica, così come la reclamano gli ebrei e cioè che il
patriarca Abraham e ai suoi discendenti spetta questa terra come luogo storico del regno ebreo di israele.
Questi territori appartengono alla gente palestinese in quanto c'è, da sempre, la nostra presenza, nascita,
possesso fin da prima che la storia potesse registrare gli eventi come l'appartenenza di un popolo alla propria terra."
Lo osservo, mentre tira un profondo respiro. Per alcuni aspetti somiglia ad un uomo di chiesa. Lo sguardo
perso oltre i pensieri, l'espressione corrucciata; il timbro pacato di chi conosce la verità rivelata.
"Se vogliamo cercare una base religiosa a tutto questo, il mio popolo - quello palestinese - reclama la
diretta discendenza dal figlio di Abramo, Ismaele, che è l'antenato degli arabi. Non mi giudichi,
però, un fanatico religioso. Il diritto reale di tutti i palestinesi nel vivere in Palestina è nel principio universalmente
accettato che la terra appartiene ai relativi abitanti indigeni".
E' sicuro di sé, mentre sfoggia espressioni forbite in lingua inglese. La sua immagine è quella di un uomo che ha,
comunque, un substrato culturale veramente notevole. In occidente lo si definirebbe una persona colta. Anche se l'apparenza
in questa cornice molto particolare, inganna
"Quindi tutte le lotte e le guerre", prosegue,"condotte dagli immigrati ebrei europei, nella nostra terra,
distruggendo le linee di confine che furono loro attribuite nella palestina [ Quel 38% di territorio assegnato dalle
Nazioni Unite ad Israele entro la regione denominata Palestina è, ad oggi, occupato a varo titolo e non escluso quello
militare, per l' 87%! n.d.r.], fanno comprendere che a nulla valgono le preghiere e i fondamenti di cui si vestono
riguardo alla fede Ebraica. Sono usurpatori, conquistatori armati della peggior specie e legalizzati da un Occidente
che non ci chiese, non ci ha mai chiesto e non chiede alcun permesso -o consiglio - per il migliore l'utilizzo della
Palestina! Il mio popolo chiede, inascoltato, che le nazioni Unite processino lo stato di Israele per le numerose
violazioni che hanno svilito e trasfigurato tutti quei principi che le diedero il diritto alla Sovranità nazionale.
Con una serie di massacri inauditi, il territorio assegnato agli ebrei è diventato il 177% di quello originario grazie
all' esproprio, alla razzìa e all'espulsione da quella che fu la nostra patria. Noi del partito di Dio, a nome della
palestina e del popolo arabo, abbiamo dichiarato, rendendolo noto, che il disposto sull'esistenza dello stato di Israele
in palestina da parte delle Nazioni Unite è in contraddizione con uno dei più importanti articoli costituenti i principi
stessi dell'ONU: l'autodeterminazione dei popoli. Nel corso di questi anni, 4 milioni di palestinesi sono stati defraudati
dei loro beni iniziando, così, un lungo e misero cammino verso terre lontane e inospitali".
E mentre rimango stupito dalla dovizia di particolari e dalla sua particolare ricchezza di linguaggio,
prosegue.
"Venti giorni fa, un colonnello israeliano ha dichiarato che in Libano hanno coperto interi villaggi con le
bombe cluster. Quel che abbiamo fatto è stato folle e mostruoso".
Abbassa lo sguardo e si chiude in un profondo e pesante mutismo. Le cluster bombs, quasi mi dimenticavo. Dentro
l'inferno, questi aggeggi chiamati cluster, fanno impallidire l'inferno stesso. Quel che rende le bombe cluster
così pericolose è che il 30 percento delle submunizioni non detonano all’impatto. Possono restare per anni - spesso
difficili da vedere per le loro piccole dimensioni - sui tetti, nei giardini, fra gli alberi, ai margini delle strade
o fra i rifiuti, in attesa di esplodere appena vengono toccate.
Nabatiyeh
Le cluster bombs
La guerra in Libano non è ancora finita. Tutti i giorni, qualche submunizione, fra i milioni di quelle sparate
dall’artiglieria israeliana durante gli ultimi tre giorni del conflitto, uccide quattro persone nel sud del Libano e ne
ferisce molte di più. Il numero delle vittime salirà nettamente nei prossimi mesi quando i contadini cominceranno il
raccolto, cogliendo le olive dagli alberi i cui rami e foglie nascondono bombe che possono esplodere al minimo urto.
I contadini libanesi sono intrappolati in un dilemma mortale: rischiare il raccolto, o abbandonare la produzione, da
cui dipendono, a marcire nei campi. In un letto di ospedale di Nabatiyeh giace in coma Hussein Ali Ahmad, un
uomo di settant’anni proveniente dal villaggio di Yohmor. La scorsa settimana mentre potava un albero di arancio fuori
dalla sua casa ha rimosso una submunizione; questa è esplosa lanciando pezzi di shrapnel nel suo cervello, nei polmoni
e nei reni.
"So che mi può sentire perché mi ha stretto la mano quando ho parlato con lui" dice sua figlia, Suwad, mentre siede
al capezzale del padre in ospedale. Secondo alcuni osservatori indipendenti, dopo il cessate il fuoco, sono state uccise
almeno 83 persone dalle munizioni cluster. Alcuni funzionari israeliani protestano per l’uso delle bombe cluster, ognuna
delle quali contiene 644 piccole ma letali submunizioni, contro obiettivi civili in Libano. Un ufficiale dell’unità MLRS
(sistema del lancio multiplo dei razzi) ha detto al quotidiano israeliano Haaretz che l’esercito ha lanciato 1800 razzi
cluster, spargendo 1,2 milioni di submunizioni sulle case e nei campi. A Nabatiyeh, il moderno ospedale statale di 100 letti
ha accolto 19 vittime delle bombe cluster dalla fine della guerra. Quando sono arrivato, stavano portando d’urgenza al
pronto soccorso un nuovo paziente, Ahmad Sabah, un tecnico di laboratorio dell’ospedale. Un uomo robusto di 45 anni, su
una barella, privo di conoscenza. Quella mattina presto era salito sul tetto della sua casa per controllare il serbatoio
d’acqua. Mentre era là deve aver toccato un mucchio di tronchi che teneva per accendere il fuoco d’inverno. A sua insaputa
una submunizione era caduta nel mucchio di legname, un mese prima. I tronchi lo hanno protetto dal pieno impatto
dell’esplosione, ma quando lo abbiamo visto noi, i dottori stavano ancora cercando di capire l’entità delle sue ferite.
"Per noi, la guerra continua ancora, benché il cessate il fuoco sia in atto dal 14 di agosto" ha detto il dr. Hassan
Wazni, il direttore dell’ospedale.
"Se le bombe cluster esplodessero tutte nel momento in cui toccano terra, le cose non sarebbero così gravi, ma
così stanno ancora uccidendo e mutilando la gente."
Le submunizioni possono anche essere piccole, ma esplodono con forza devastante. La mattina del cessate il fuoco,
Hadi Hatab, un ragazzino di 11 anni è stato portato all’ospedale in fin di vita.
"Deve aver tenuto la bomba vicino a sé" ha detto Wazni.
"Gli ha portato via mani e gambe e la parte inferiore del corpo."
Sono andato a Yohmor per vedere dove Hussein Ali Ahmad era stato così terribilmente ferito mentre potava il suo arancio.
Il villaggio si trova alla fine di una strada interrotta, sei miglia a sud di Nabatiyeh, ed è dominato dalle rovine
del Beaufort Castle, una fortezza dei crociati su un rilievo sopra la profonda valle in cui scorre il fiume Litani. Le bombe
e i proiettili israeliani hanno ridotto in macerie circa un terzo delle case di Yohmor, facendo crollare un piano sopra
l’altro sotto l’impatto delle esplosioni. Alcune famiglie si sono accampate fra le rovine. Gli abitanti del paese hanno
detto di essere preoccupati soprattutto per le bombe cluster che ancora infestano i loro giardini, tetti e alberi da frutta.
Nelle strade del paese c’erano i veicoli bianchi del Manchester-based Mines Advisory Group (MAG) le cui squadre cercano di
liberare il terreno dalle submunizioni. Non è un lavoro facile. In ogni punto in cui i membri di una delle squadre del
MAG trovano e rimuovono una submunizione, conficcano in terra un paletto giallo con la punta rossa. Ce ne sono così
tanti che sembra che qualche sinistra pianta vi abbia messo radici e fiorisca nel paese.
"Tutte le bombe cluster sono state gettate negli ultimi giorni di guerra" ha detto Huhar Hejazi, una donna di
65 anni sorprendentemente allegra.
"Ce ne erano 35 sul tetto della nostra casa e 200 in giardino, così non possiamo raggiungere i nostri olivi".
La gente di Yohmor dipende dalle piantagioni di olive e il raccolto dovrebbe cominciare adesso prima delle piogge,
ma le piante sono ancora piene di submunizioni.
"Mio marito ed io produciamo 20 latte di olio all’anno che dobbiamo vendere", dice la signora Hejazi.
"Adesso non sappiamo cosa fare".
La gran quantità di submunizioni rende quasi impossibile rimuoverle completamente. Dice Frederic Gras,
un esperto sminatore già nella marina francese, che comanda le squadre del MAG a Yohmor.
"Nell’area nord del fiume Litani, ci sono tre o quattro persone che vengono uccise ogni giorno dalle bombe cluster.
L’esercito israeliano sa che il 30 percento di queste non esplode quando sono lanciate e che diventano mine anti-uomo".
Perché allora l’esercito israeliano lo ha fatto? Il numero delle bombe cluster lanciate deve essere stato superiore
a 1,2 milioni, oltre a quelle lanciate con i razzi e un numero ancora maggiore è stato sparato con proiettili di artiglieri
da 155 mm. Un artigliere israeliano ha dichiarato che gli avevano ordinato di inondare l’area in cui stavano sparando,
senza dare obiettivi specifici. Gras, che ha disinnescato personalmente da 160 a 180 submunizioni al giorno, dice che questa
è la prima volta che ha visto usare bombe cluster contro paesi densamente abitati. Un editoriale su Haaretz ha riportato
che l’uso massiccio di quest’arma da parte dell’Esercito di Difesa Israeliano è stato un tentativo disperato ed estremo
di fermare il fuoco dei razzi Hezbollah sulla parte nord di Israele. Qualunque sia stata la ragione del bombardamento,
gli abitanti del sud del Libano, quando coglieranno le loro olive ed arance, moriranno o saranno feriti dalle bombe
cluster ancora per molto tempo.
Le ultimissime
Tre bambini palestinesi sono rimasti uccisi oggi pomeriggio nel nord della Striscia di Gaza da una cannonata sparata da un carroarmato israeliano nei pressi della città di Jabalia. Secondo fonti mediche palestinesi citate dall'Ansa, le vittime sono due fratellini e una sorellina identificati con i nomi di Yahya, Mahmoud e Sarah, ma dei quali non è stata finora indicata l'età. Secondo alcune fonti i tre insieme ad altri loro amichetti si sarebbero avvicinati ad una rampa di lancio portatile per razzi Qassam, quando sono stati centrati da un tiro israeliano. Altri testimoni sostengono invece che nella zona in cui è avvenuto l'attacco, non vi era la presenza di alcun miliziano, nè di loro armamenti. L'esercito israeliano non ha ancora fornito una propria versione dell'accaduto.
La stampa libanese, citando fonti militari, riporta oggi il bilancio dei soldati di Beirut uccisi nei combattimenti contro i miliziani di Fatah al Islam nel campo profughi di Nahr el Bared. In 102 giorni di assedio, i soldati uccisi sono stati 150. Attualmente si stima che miliziani asserragliati nei bunker del campo siano una settantina, mentre sono 113 quelli arrestati. Non ci sono stime attendibili circa il numero delle vittime tra i ribelli.
Intanto Michael Williams, inviato dell'Onu per il Medio Oriente, ha invitato i paesi membri a insistere con
Hezbollah affinchè il partito fornisca prove che i due soldati israeliani, Ehud Goldwasser ed Eldad Regev,
rapiti il 12 luglio scorso prima dell'inizio del conflitto con Israele, sono ancora in vita. Secondo le fonti di
intelligence israeliane, i due erano rimasti feriti nel corso della cattura e uno di loro potrebbe essere deceduto.
Dalla scorsa estate a oggi la trattativa per la loro liberazione non è stata concretamente avviata, anche per la
mancanza di comunicazioni sulle loro condizioni di salute.
Avremmo bisogno di un po' di compassione.
Quella compassione che è contatto
con l'assoluto di noi stessi; risveglio alla realtà al di là delle apparenze
visibili;
comprensione della nostra natura umana, profonda ed invisibile. La compassione
e il senso di umanità, si pongono al di là di tutte le
religioni tradizionali, ma
essendo le radici stesse dello spirito religioso, possono vivere in tutte le fedi e
dare, così, a ciascuna il loro vero potere spirituale in
seno a tutte le mistiche,
consegnando agli uomini l'unico vero messaggio possibile: Pace!
Ninni Raimondi
Fine Terza Puntata