
Le Radici della Rabbia
Un Viaggio tra la disperazione e l'orgoglio di vivere
Libano, Siria, Israele, Territori Palestinesi
Dopo un anno, la guerra tra Israele e il Libano non è ancora un ricordo.
Beirut
Un ordigno esplosivo ha colpito una pattuglia dell'UNIFIL dispiegata a sud del Libano.
Secondo quanto riferiva la TV Satellitare "Al Jazeera", l'ordigno era piazzato sul ciglio
della strada nei pressi del ponte di Qasimiya, vicino a Tiro. A quanto risulta, non si hanno
notizie di vittime e/o feriti, né della nazionalità dei soldati del contingente internazionale
raggiunti dall'esplosione.
Tutto ciò premesso, dopo una breve passeggiata per Beirut, ecco la notizia da Tiro (Qasimiya).
Sempre nelle vicinanze di Tiro le truppe libanesi hanno fatto, oggi, per la prima volta il
loro ingresso nel campo profughi libanese dove combattono i militanti filo-AlQaeda. Riferito
da fonti della sicurezza e da alcuni testimoni. La bandiera dell'esercito e quella libanese
è stata vista sventolare sopra due o tre edifici devastati da un furioso cannoneggiamento a
Nahr al Bared, mentre i combattimenti contro i miliziani di Fatah al Islam sono entrati alla
dodicesima settimana. L'ingresso dei soldati in un campo palestinese, il primo in quaranta
anni, rappresenta un punto di svolta per l'esercito ed il suo tentativo di debellare la
guerriglia. Un accordo arabo del 1969, che impediva alle forze di sicurezza libanesi di
mettere piede nei campi profughi palestinesi, è stato annullato dal parlamento di Beirut
nella metà degli anni '80, ma, di fatto, è rimasto ancora in vigore.
Fatah al Islam è costituita da alcune centinaia di guerriglieri arabi che ammirano e seguono
la politica di Al Qaeda, pur sostenendo di non avere alcun legame organizzativo.
Nei fatti, alcuni suoi miliziani, hanno già combattuto in Iraq o comunque, erano in procinto
di farlo.
Sembra, però, che tali collegamenti abbiano una patria (Queste insinuazioni sono puntualmente
smentite per essere, nuovamente, ricordate a più riprese).
Mettiamo un po' d'ordine.
La Siria in Libano.
Cosa vuol dire: La "Siria in Libano"?
Questa domanda sorge spontanea di fronte alle accuse mosse a Damasco in occasione di attentati
od omicidi eccellenti, frettolosamente addebitati al vicino confinante arabo. Questa stessa
domanda corre lungo tutta la storia tra Beirut e Damasco, ad iniziare dall'Impero Ottomano
ad opera di Parigi e Londra nel 1917, a dividere il "Bilad al Sham", ossia la grande provincia
Siriana, a creare ex novo il Libano, molto e più esteso della vecchia provincia di montagna
e lasciare la Siria senza Palestina, né Giordania. Il risultato della spartizione
etnico-confessionale, decisa da Parigi e sancita dal periodo dei "mandati" negli anni venti
e trenta, è lo scontro diretto con il nascente nazionalismo arabo che rivendicava invece
l'unità politica di tutti i territori abitati dalle popolazioni arabe, indipendentemente
dalla religione. Ed è stata proprio la Siria, indipendente dal 1946, a divenire la culla del
nazionalismo arabo laico e soprattutto della sua variante pan-araba. Un nazionalismo, quello
delle diverse élite siriane, che aveva tra i suoi leitmotiv proprio il rifiuto dei confini
stabiliti dalle ex-potenze europee, che, però non ha trovato ampie sponde anche nel Libano
indipendente. Qui, il dominio politico ed economico della comunità cristiana, a guida maronita
e francofona, si è, anzi, scontrato subito con le correnti arabo-nazionaliste di entrambi i
paesi. Il Libano e la Siria sono due spazi economici indipendenti, dato che nessuno dei due
è di per sé sostenibile:
La piazza finanziaria di Beirut necessitava dei capitali del latifondo e del commercio
siriano, come Damasco aveva bisogno sia dei capitali, sia dello sbocco commerciale libanese
verso l’Europa. A livello sociale e familiare, le divisioni erano ancora più labili, in
primis nella cultura musulmana, maggioritaria in Siria e nel tempo anche in Libano.
Tuttavia, Beirut è rimasta una delle principali zone d'influenza europea nel Levante in
termini sociali e politici: la cosiddetta "Svizzera del Medioriente". Il fatto di essere la
principale piazza finanziaria della regione ha permesso, alla comunità cristiano-libanese,
di respingere l'opposizione laica e nazionalista sostanzialmente fino agli anni settanta.
Dal canto suo, la Siria, ha vissuto negli anni sessanta un periodo di forte partecipazione
e radicalizzazione politica, soprattutto con l'arrivo al potere del partito Ba'th nel 1963:
Un unico Stato per la grande Nazione araba, questo era l'obiettivo strategico. Realpolitik
ha voluto, però, che i tentativi di unificazione o di federazione con altri Stati arabi siano
falliti miseramente. Molto tese erano, in quel periodo, le relazioni con il Libano
filo-occidentale, dove Damasco parteggiava per le forze nazionaliste locali, pur conservando
chiare mire egemoniche.
La disfatta araba del 1967 ad opera di Israele, poi, è arrivata come un ciclone a rompere
gli equilibri regionali, mettendo il Libano, al centro del conflitto. Fin dall'inizio Assad
ha cercato di tenere il paese dei Cedri legato alla politica siriana secondo la formula della
"complementarietà" o dei "percorsi paralleli": Damasco non accettava che Beirut entrasse nella
zona d'influenza di Israele, sia per motivi di difesa strategico-militare, sia per mantenere
un fronte arabo unico in sede di negoziato. Al contempo, la stabilità siriana raggiunta con
Assad risentiva di un Libano "radicale" e senza autorità centrale, dove la guerriglia di Arafat
e i socialisti, a guida Drusa, erano in chiara ascesa politica. La Siria, inoltre, aveva
bisogno dello sbocco libanese per il suo processo di modernizzazione economica e
diversificazione delle fonti finanziarie. Con diversi accenti, le ragioni siriane rimangono
tali fino ad oggi perché i problemi di base non hanno trovato soluzioni adeguate, ad iniziare
dal conflitto arabo-israeliano o lo sviluppo economico regionale.
La guerra civile libanese del 1975-1990 vede, non a caso, il coinvolgimento diretto siriano
per contenere di volta in volta le spinte radicali palestinesi o libanesi, quelle libanesi
filo-israeliane, i progetti del fronte Tel Aviv-Washington-Parigi nel 1982/1984, le spinte
rivoluzionarie iraniane, nonché per tentare di imporre un proprio "status quo". La
"Pax Siriana" sarebbe stata approvata da USA ed Europa solo con la partecipazione di Assad
alla guerra del Golfo del 1991.
Gli anni Novanta hanno visto, dunque, il consolidamento dei legami politici, economici e
clientelari tra Siria e Libano, mentre quelli sociali sono stati ristretti a livello familiare
o confessionale.
Da qui la diffidenza reciproca e trasversale delle diverse comunità. Dal 2000, la politica
dell'unilateralismo di Israele e Washington nella regione ha avuto uno dei suoi perni, anche,
nell'isolamento di Damasco e l'oscuro omicidio di Hariri nel 2005, non ha fatto altro che
precipitare il ritiro delle truppe siriane dopo ventinove anni. La Siria rimane, però, ben
presente nel Paese dei Cedri, essenzialmente grazie all'appoggio del fronte arabo-nazionalista
( Hezb'Allah ) contro quello filo-occidentale del "14 Marzo".
Ancora una volta, gli equilibri politici di entrambi i Paesi rimbalzano al di là delle montagne
in modo trasversale e continuo, così come le tensioni regionali si riflettono su quelle
bilaterali. Il problema sarà trovare la forma più adeguata per una relazione di per sé
inevitabile laddove, soltanto la soluzione del conflitto con Israele, diminuirà le fobie
sulla sicurezza tra Damasco e Beirut.
Approfondimenti: Gli Hezb’Allah.
Gli Hezbollah (Hezb’Allah) o Milizia di Dio, sono al tempo stesso una milizia ed un gruppo
politico. Secondo il Dipartimento di Stato americano, gli Hezbollah militanti sono solo alcune
centinaia, mentre migliaia sono i loro sostenitori, tutti concentrati nel sud del Libano,
ma con una sede amministrativa a Beirut. Il dato sembra sottostimato. Si tratta, comunque,
di un gruppo relativamente piccolo, ma estremamente ben organizzato ed armato, forte del
sostegno di Siria ed Iran.
Gli Hezbollah nascono nel 1982, in risposta all’invasione israeliana del Libano, in piena
guerra civile, come milizia che ambisce a difendere gli interessi degli sciiti; a sostenere
un governo islamista fondamentalista, in chiave anti-occidentale e anti-israeliana. Comunemente
ci si riferisce, senza distinzioni, con il termine Hezbollah sia al movimento politico, sia
alla milizia armata, benché il nome corretto della milizia armata sia “Resistenza Islamica”.
Nel corso della guerra civile e negli anni immediatamente successivi, gli Hezbollah hanno
guadagnato qualche consenso tra le popolazioni civili dei villaggi a Sud del Libano, costruendo
ospedali, scuole ed altri servizi di prima necessità in un contesto di forte frammentazione e
di totale incapacità, dello Stato centrale, di organizzarsi in modo efficiente.
Nelle elezioni legislative del 2005, gli Hezbollah hanno conquistato 14 seggi nel Parlamento
libanese su un totale di 128 membri, praticamente tutti ottenuti nel Sud del Paese. Nel Sud
del Libano, gli Hezbollah, hanno costituito una sorta di Stato nello Stato. La comunità
internazionale chiede da oltre un decennio al governo libanese che questi disarmi gli
Hezbollah. Lo chiede, anche, una risoluzione delle nazioni Unite, che la nuova maggioranza
del Parlamento libanese dichiara di voler applicare, ma che finora non è stata attuata.
Da anni, dal Sud del Libano, gli Hezbollah attaccano i soldati israeliani sul confine,
ed occasionalmente lanciano missili verso il nord di Israele. Molti sono gli atti di
terrorismo imputati agli Hezbollah. Eccone alcuni: nel 1983, due autocisterne esplosero
uccidendo 241 militari americani e 58 francesi a Beirut; nel 1984 una bomba presso una
comunità ebraica in Argentina fece 85 vittime; nel 1996 un attacco suicida in Arabia
saudita provocò 19 vittime civili e così via.
Nel 2004, Israele accettò uno scambio di prigionieri con gli Hezbollah dopo un negoziato
durato, quasi, tre anni. Gli Hezbollah rilasciarono un uomo d’affari israeliano e le
salme di tre soldati israeliani uccisi, in cambio della liberazione di 400 guerriglieri
e della consegna di 59 salme di combattenti uccisi. Fino al 2005, il mancato disarmo
degli Hezbollah era dovuto ad una precisa volontà della Siria che riusciva a condizionare,
pesantemente, la politica del governo libanese. Dopo la “Rivoluzione dei cedri” del 2005,
in Libano si è instaurato un governo chiaramente anti-siriano. Si può affermare che,
ad oggi, il mancato disarmo degli Hezbollah da parte del governo libanese, si debba,
soprattutto, all’inadeguatezza dell’esercito ufficiale e ai timori di una nuova guerra
civile, più che ad una qualche volontà, della maggioranza attuale, di supportare i
guerriglieri fondamentalisti.
La situazione attuale
Gli Hezbollah libanesi hanno rinnovato il loro arsenale bellico,
parzialmente distrutto da Israele nel conflitto della scorsa estate e sono, ora,
forti come prima e anche più di prima. Questa pessimistica valutazione è stata espressa,
in questi giorni, ai membri della Commissione Esteri e Difesa della Knesset dal
capo dell’Ufficio Ricerche del Servizio Informazioni Militari, Gen.Yossi Baidatz.
“Gli Hezbollah stanno ora costruendo una capacità di fuoco più grande di quella che a
vevano prima della guerra” ha detto Baidatz, citato dal portavoce della Commissione.
Le affermazioni di Baidatz non sono apparentemente piaciute al Ministro della difesa
Amir Peretz, presente alla seduta, che, secondo quanto è stato riferito, ha cercato di
sfumarle, sostenendo che Baidatz aveva inteso riferirsi al “potenziale” militare degli
Hezbollah. La forza di un nemico, ha poi aggiunto Peretz, è “qualcosa di più della
semplice conta dei razzi in suo possesso”. Ma questa apparente discrepanza tra le
affermazioni di Baidatz e di Peretz non è sfuggita ai membri della Commissione che non
hanno nascosto il loro stupore.
L’attuale governo israeliano, davanti alle critiche nel paese per i deludenti risultati
del conflitto, si è difeso sostenendo che uno dei suoi successi è la distruzione di
parte dell’arsenale militare degli Hezbollah, oltre alla demolizione della rete di
fortini e di bunker lungo il confine e l’arrivo di una forte forza dell’UNIFIL in
sud Libano. Tuttavia la valutazione di Baidatz è stata confermata da una fonte non
sospetta: Lo stesso leader degli Hezbollah, lo sceicco Hassan Nasrallah, nelle scorse
settimane, ha apertamente ammesso che i guerriglieri si stanno riarmando in previsione
di un nuovo conflitto con Israele. “Noi non nascondiamo - ha detto – che abbiamo le armi;
che stiamo completando i nostri preparativi per qualcosa di più grande e più pericoloso
e che stiamo spostando le armi verso il fronte”. Nello scorso conflitto, aperto da
Israele in reazione all’uccisione di otto suoi soldati e al rapimento di altri due in un
attacco degli Hezbollah sul confine col Libano, i guerriglieri sciiti hanno sparato
centinaia di razzi di vario calibro sulle città israeliane nel nord e contro le truppe,
uccidendo 158 israeliani, in maggioranza soldati e costringendo due milioni di persone a
scendere nei rifugi. I Libanesi, uccisi nei combattimenti israeliani, sono stati circa 1.200,
in maggioranza civili.
E’ accaduto in questi giorni
Decine di migliaia di seguaci di Hezbollah sono scesi in piazza, a Beirut, per festeggiare
la “Vittoria Divina” su Israele, un anno dopo la fine delle operazioni militari dello Stato
ebraico in Libano grazie alla tregua mediata dall’ONU. Riuniti in uno stadio nella parte
meridionale della Capitale, i sostenitori del “Partito di Dio” hanno inneggiato al suo leader
Hassan Nasrallah e hanno ricordato i circa 1.200 libanesi - per la maggior parte civili – morti
nei 34 giorni di conflitto. La guerra era iniziata dopo il rapimento da parte di Hezbollah
di due soldati israeliani e l’uccisione di altri otto in un’imboscata nel sud del Libano.
Attualità e amenità
Nuovi videogiochi per bambini.
Fare incursioni nel territorio di Israele per catturare i soldati, combattere contro i
carriarmati nelle valli a sud del Libano e lanciare missili Katiusha contro le città israeliane.
E’ quanto accade in un nuovo video gioco di Hezbollah che permette, ai giocatori, di provare
l’esperienza del fronte durante la guerra con le milizie israeliane. “Special Force 2”, questo
il nome del gioco, trae la sua ambientazione dalla guerra dei 34 giorni dello scorso anno tra
i m,membri del movimento libanese e Israele.
“Questo gioco dà un esempio della cultura della resistenza ai più piccoli: " ... l’occupazione
è un fenomeno cui opporre resistenza e che la terra e la nazione devono essere
salvaguardate anche dai bambini, fin dalla più tenera età ... ”, ha spiegato il funzionario Hezbollah,
Sheikh Ali Daher.
Con il gioco ideato dagli esperti informatici di Hezbollah, i giocatori di “Special force 2”
si immedesimano, così, in un guerrigliero di Hezbollah, o Mujahid. Si guadagnano tante più
armi e punti quanti più soldati sono uccisi.
Il gioco ricrea il momento clou della guerra, che iniziò, quando membri di Hezbollah
compirono delle incursioni nella parte settentrionale di Israele e catturarono due soldati,
dicendo di voler negoziare uno scambio di prigionieri.
Il video gioco è consigliato ai bambini dai 6 ai 14 anni.